“The Drop” (“Chi è senza colpa”) di Michael R. Roskam

Di tutti gli inferni possibili…

Una New York umida, invernale, dura e grigia come l’acciaio, segnata da traffici clandestini ed esistenze alla deriva. È la Brooklyn periferica, un tempo controllata da italiani e irlandesi ed ora gestita dalla nuova malavita, cecena nella fattispecie, dove le leggi sono fatte da uomini senza Dio né pietà, ai quali non è consigliabile dire di no. In questa Brooklyn sorge il Cousin’s Marv, pub usato come “punto di consegna” per il deposito di denaro sporco dalla Famiglia di Chovka Umarov (Michael Aronov).Vi ci lavora come barista Robert Saginowski (Tom Hardy), cugino del proprietario-prestanome Marvin Stipler (James Gandolfini), un tempo agguerrito gangster di quartiere passato a ricoprire una posizione più docile per via dei nuovi arrivati esteuropei. E’ un uomo taciturno al punto che lo soprannomineresti Silent Bob, buono e dallo sguardo triste. Da buon cristiano, va a Messa ogni domenica; ha qualche soldo da parte e nessun amico, perché la sua esistenza gravita attorno a Marv e al locale. E’ abituato a fare ciò che gli viene chiesto, senza mai fare domande. Finché una sera come tante scova nell’immondizia di una perfetta sconosciuta, Nadia Dunn (Noomi Rapace), un cucciolo di pitbull in gravi condizioni che decide di adottare dandogli il nome Rocco, quello del santo protettore dei cani.

Quella sera stessa Bob e Marv vengono rapinati da due balordi: 5.000 dollari e spiccioli. E mentre il proprietario del bar – e quindi delle loro vite – “intima” loro di trovare al più presto i rapinatori, nella vita di Bob salta fuori anche un altro imprevisto: Eric Deeds (Mattthias Schoenaerts), pericoloso psicotico responsabile di aver ucciso barbaramente anni prima uno che contava nel “giro”. Costui rivendica la proprietà di Rocco, e per farlo è disposto alle “maniere forti”. Messo all’angolo e tagliato fuori dai giochi di potere, Bob gioca le ultime carte che gli restano: l’istinto di sopravvivenza e la sete di sangue, offuscata dal tempo ma ora più viva che mai…

La città non dorme mai. E’ la città degli astri nascenti, dei vincitori cadenti e delle stelle morenti, tutti invischiati in un melting pot dove non conta chi sei, da dove vieni, ma solo quanto sei bravo ad arricchirti alla svelta. The Drop non è una parabola sul Sogno americano, ma sulle sue macerie e sulle macerie di Ground Zero, che tredici anni dopo ancora non smettono di fumare, di sussurrare nel vento le grida di tutti quegli innocenti che vi sono ancora sepolti.

Michael R. Roskam (The Faithful, The Tiger, Bullhead) si volta a guardare ciò che è stata NY, e lo fa con una prospettiva solo in superficie convenzionale, ma ispirata al racconto Animal Rescue di Dennis Lehane, bostoniano da cui derivano Mystic River di Clint Eastwood (2003), Gone Baby Gone di Ben Affleck (2007), Shutter Island di Martin Scorsese (2010) e Runner Runner di Brad Furman (2013). Una prospettiva che mescola l’ultimo Spike Lee (La 25° ora, 2002), il David Cronenberg esule dalla poetica della Nuova carne (A History of Violence, 2005) e la trilogia criminale di James Gray (Little Odessa, 1994; The Yards, 2000; I padroni della notte, 2007) ottenendo come risultato una pietanza fredda quanto i congelatori di certi locali gestiti da ragazzi nati nel freddo della campagna di Groznyi ma cresciuti al sole della Grande Mela.

New York è la terra promessa di libertà dove tutti possono tentare la fortuna scomettendo sul Superbowl o rapinando locali con maschere di plastica calate sul volto. Ma non si vince mai veramente. Al più, si ritarda solo la propria partenza per il regno dei cieli. Un Tom Hardy sottotono – lontanissimo anni luce dai ruoli che l’hanno consacrato a vera icona del cinema del Terzo millennio, a partire dal formidabile Bronson di Nicolas Winding Refn (2008), e da ll cavaliere oscuro. Il ritorno di Christopher Nolan (2012) – presta il volto a un individuo che incarna perfettamente lo spirito post 11/9 e post ultima crisi economica, e che come tale deve aggrapparsi con le unghie, coi denti e con il calcio di una calibro 38 ad ogni asse di legno sperduto in un East River nero come l’inferno, per giungere finalmente al momento in cui sarà veramente libero dalle pastoie di un passato sul quale pensava d’aver chiuso la porta da tempo.

Ad aiutarlo ad intravedere la luce fuori dal tunnel c’è Noomi Rapace, freak inside come in Dead Man Down – Il sapore della vendetta di Niels Arden Oplev (2013). Mostro lui, mostro lei: anime perse devastate sia fuori che dentro che rappresentano un’allegoria del new american gothic e la coscienza sporca di una Nazione che per dormire tranquilla non esita a barattare la sua sicurezza con incubi ad occhi aperti. E una sola buona azione, anche se commessa mediante quella tanto deprecata violenza che spesso dissennatamente scambiamo per giustizia, non basta a redimere un’intera esistenza di rancore represso e colpevole consenso. Il calvario di Bob, decisamente, non conduce alla casa del padre.

The Drop 1

 

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