“FIRST NIGHT NERVES” DI STANLEY KWAN

Stanley Kwan è un regista che non ha bisogno di presentazioni. Cresciuto nella seconda New Wave del cinema honkonghese, First Night Nerves rappresenta  per lui il ritorno alla sua città natale dopo un lungo periodo di assenza. Benché molte sequenze siano girate in un teatro di posa o in interni non meglio specificati, la città riveste un ruolo fondamentale – anche se non pregnante come nelle opere precedenti. Ambientare la messa in scena della fittizia pièce teatrale, Due sorelle, nel city hall di Hong Kong è poi una dichiarazione d’affetto per questo edificio, in cui il regista ha trascorso molto tempo tra direzione di spettacoli e festival di cinema, e di cui in anni recenti è stata proposta la demolizione.

Ci vuole qualche minuto prima che lo spettatore occidentale riesca a muoversi a suo agio all’interno dell’opera, un intricato melodramma in cui si incrociano le storie delle attrici protagoniste, Yuan Xiuling (Sammi Cheng) e He Yuwen (Gigi Leung), e numerose backstories dei personaggi secondari.

Grande merito del regista è quello di aver creato il suo mondo così perfettamente da aver reso interessanti anche le vite di questi comprimari, che si rivelano a poco a poco davanti alla macchina da presa, diventando persone con cui risulta facile entrare in sintonia. Ciò avviene grazie alla minuziosa gestione di piccoli dettagli narrativi che forniscono profondità alle scene. Nel momento in cui Yuwen incontra il suo precedente regista (e forse ex amante), dei semplici occhiali da sole diventano rivelatori di come questi non sia in grado di sostenere lo sguardo della donna, suggerendo un rapporto di forza squilibrato in favore di lei. In un’altra occasione la piccola biglia di vetro rossa che resta in mano a Xiuling durante la rappresentazione diventerà un pegno d’amore in una scena successiva.

In questo costante andirivieni di storie, vita vera e rappresentazione teatrale si confondono. Mentre il personaggio interpretato da Xiuling si confronta sul palco con lo spirito del marito defunto, arriva a elaborare il lutto vero per la morte del compagno fedifrago, in uno scambio narrativo su tre livelli, in cui il teatro fornisce rivelazioni ai personaggi della pellicola, che a loro volta spingono lo spettatore a porsi delle domande sull’interpretazione di ciò che sta vedendo. Il tutto è inserito in una cornice tecnica che sfrutta espedienti di montaggio come ralenti emozionali o rapidi jump cut, insieme a una musica pop allegra e sbarazzina, a rendere piacevole e lieve un film dalla struttura intricata.

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