“HAPPY NEW YEAR, COLIN BURSTEAD” DI BEN WHEATLEY

“Se non ballano, si picchiano”. Con queste parole Colin, il figlio maggiore, cerca di prevenire possibili scontri tra i suoi parenti. I Burstead sono una famiglia disfunzionale che decide di trascorrere la serata di Capodanno in una villa di campagna del Dorset. Colin cerca di tenere le redini ma il ritorno improvviso del fratello David – donnaiolo incallito che, abbandonati moglie e figli, torna dopo cinque anni per redimersi – fa riemergere in lui un profondo risentimento nei confronti del fratello.

Neil Maskell, Colin

Ormai veterano del Torino Film Festival, dove erano stati presentati High-Rise e Free Fire, Ben Wheatley è quest’anno  nella sezione Festa mobile con la commedia drammatica Happy New Year, Colin Burstead. Se nel precedente Free Fire i protagonisti si scontravano fra loro con incessanti colpi di pistola, in quest’ultimo film assistiamo a una lunga sparatoria dove le armi usate sono invece le parole. Tra insulti, ripicche, confessioni e ritorsioni, il numeroso nucleo famigliare si misura in una battaglia da cui nessuno esce davvero vincitore.

Happy New Year, Colin Burstead è un film corale dove i numerosi personaggi vengono a malapena accennati in un arco di sviluppo narrativo sostanzialmente statico. Ci troviamo immersi in un continuo scambio di dialoghi che Wheatley sostiene attraverso un montaggio serrato e spezzato, che enfatizza la frammentazione interna alla famiglia e il parallelismo fra le tante liti. È un montaggio visivamente prepotente, che dà ritmo alle discussioni sempre più incalzanti e che vediamo attraverso gli sguardi dei contendenti attraverso gli improvvisi cambi di fuoco.

Sam Riley, David e Alexandra Maria Lara, Hannah

Un carnage di parole che feriscono nel profondo, dal quale è possibile salvarsi solo allontanandosi dalla propria famiglia o perdonando i propri e gli altrui errori. David, odiato da tutti, è riuscito, dopo cinque anni lontano dai suoi cari, a fare chiarezza dentro se stesso. Torna per essere amato e amare in ritorno la sua famiglia. Pensiamo che perdonare voglia dire abbassare la testa, sminuirci. È giusto perdonare chi ci ha ferito volontariamente o tradito, soprattutto se è parte della nostra famiglia? Ma rimanere aggrappati al risentimento come Colin e crogiolarsi in esso non fa che incrinare di più i rapporti. Colin è così radicato nel suo risentimento che  i ruoli possono arrivare a ribaltarsi. Cosa possiamo davvero perdonare ai nostri cari? E a noi stessi? Questi alcuni degli interrogativi del film, che ci induce a riflettere sul fatto che se non riusciamo a perdonare prima i nostri errori non potremmo mai perdonare quelli degli altri.

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