“INCIDENT IN A GHOSTLAND” DI PASCAL LAUGIER

Salutato come il cineasta che ha contribuito a riportare in auge l’horror francese con Martyrs (2008)Pascal Laugier torna alla regia (e alla sceneggiatura) firmando un altro film decisamente perturbante. Rispetto al predecessore, esperimento coraggioso che ha incassato pareri molto contrastanti, Incident in a Ghostland è un film meno arduo e più saldamente ancorato alle convenzioni del genere, concedendosi un omaggio al maestro del genere Lovecraft.

Due sorelle adolescenti, Vera e Beth, la prima più interessata ai ragazzi, l’altra dedita invece ai racconti dell’orrore, ereditano e si trasferiscono, assieme alla madre, in una vecchia villa piena di oggetti desueti, antichità e sinistre bambole di porcellana. Evento, questo, che sembra condurre lo spettatore all’interno del sottogenere horror dell’home invasion; dinamica narrativa che puntualmente si concretizza con un’escalation di violenze avviate da due psicopatici, giunti a bordo di un bizzarro furgone dei dolciumi. Sedici anni più tardi, Beth, diventata nel frattempo affermata scrittrice di racconti dell’orrore, accoglie le richieste d’aiuto della sorella Vera che continua a vivere nella casa con la madre, alienata (forse) dalla realtà in seguito al trauma. Beth scopre così, a sue spese, che niente di quell’incubo fa parte del passato.

Un frame con Crystal Reed (Beth) e Taylor Hickson (Vera).

Laugier padroneggia e mescola sapientemente molti ingredienti del genere senza rinunciare a qualche cliché (jump scares inclusi),  il tutto sostenuto, con efficacia, da una fotografia spesso paradossalmente vivida  – le luci calde delle abat-jour disseminate per casa, come le bambole, parte di un’attenta scenografia –  e da un montaggio sonoro disturbante. Convincente e calibrato è l’inserimento del colpo di scena centrale, pronto a ribaltare eventuali certezze acquisite dalla narrazione. Le incursioni nel surreale e nell’onirico, segnalate simbolicamente da una dissolvenza verso un bianco totale, già utilizzato nelle ultimissime sequenze di Martyrs, coincidono con il ritorno di Beth. La coppia di maniaci, l’uno massiccio e deforme e l’altro (più riuscito) travestito e subdolo, funziona proprio perché è una coppia, pertanto variegata e complementare per la resa dell’orrore di fondo.

Un frame con Rob Archer e Crystal Reed (Beth).

Tuttavia c’è dell’altro in Incident in a Ghostland, qualcosa che ne fa un prodotto convincente, a prescindere dagli elementi stereotipati rintracciabili nello stesso. Tutto ciò risponde alla poetica di Laugier, alla sua ricerca maniacale di imprigionare lo spettatore in un’esperienza filmica segnata dal male e senza via d’uscita dove la morbosità e l’esasperazione della violenza messa in scena sfida la sostenibilità dello sguardo dello spettatore alle immagini. A tale scopo la macchina da presa indugia costantemente su primi e primissimi piani dei volti delle due sorelle tumefatti e stremati –proprio come accadeva in Martyrs.

Incident in a Ghostland attinge a tanti elementi che presi singolarmente non sconvolgono di novità gli amanti del genere horror ma il tutto, abilmente orchestrato dal regista francese, tende alla diffusione di una sorta di culto della sofferenza e del dolore che candidano seriamente Laugier ad essere una delle rivelazioni di questo panorama cinematografico.

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