“OIKTOS” DI BABIS MAKRIDIS

Le persone reagiscono in modi diversi a incidenti, tragedie e lutti: chi li vive in prima persona è immerso in contrastanti sentimenti di negazione e di rabbia, destinati a trasformarsi gradualmente in accettazione. Gli altri, quelli che non sono colpiti dal dolore, cercano invece di supportare i primi, mostrando compassione, cercando di alleggerire la pena di chi soffre.

Il desiderio principale di Oiktos (Pity), del greco Babis Makridis, è proprio quello di indurre nello spettatore una riflessione, tanto delicata quanto inaspettatamente traumatica, sulla condizione di piacere suscitata dalla pietà: un avvocato aspetta che sua moglie si risvegli da un coma profondo e tutti sono gentili nei suoi confronti, dalla vicina di casa che gli porta una torta all’arancia ogni mattina fino all’uomo della lavanderia che si occupa delle sue camicie in un giorno. Le attenzioni, la cortesia e il garbo ricevuti vengono meno quando sua moglie si risveglia: la vita torna alla normalità, le persone smettono di occuparsi di lui e questo suscita un sentimento di rabbia, di umiliazione perché l’avvocato si rende conto di essere tornato a essere invisibile agli occhi degli altri.

Una scrittura sapiente, precisa in ogni suo punto, quella di Efthymis Filippou, sceneggiatore di The Lobster (2015) e The Killing of a Sacred Deer (2017) di Yorgos Lanthimos, che costruisce un testo capace di ramificarsi prima nel dramma, poi nella commedia nera e infine in un thriller spietato che riporta alla mente dello spettatore proprio i silenzi spaventosi dei film di Lanthimos.

Il protagonista interpretato da  John Drakopoulos in un frame del film.

Le motivazioni del comportamento dell’avvocato possono essere riscontrate nell’educazione che ha ricevuto dal padre: non vale la pena disperarsi e piangere per qualcosa o qualcuno (che sia sua moglie o il suo cane, non importa) ma bisogna saper lasciare andare e concentrarsi su ciò che resta. Le lacrime sono vuote. E così l’avvocato non riesce più a mettersi a contatto con il suo personale dolore. Ma a lui le lacrime servono, così come la compassione degli altri. E questi elementi si realizzano appunto in una conclusione spietata in cui le colpe dei padri si riversano su quelle dei figli.

Georgina Chryskioti, attrice in Oiktos (Pity), durante la conferenza stampa del TFF 36.

E tra i motori di questa narrazione, c’è anche la crisi greca che, come sottolineato dall’attrice Georgina Chryskioti ( che interpreta la parte della vicina di casa del protagonista) in conferenza stampa: “Questo film riflette la crisi economica della Grecia che si riversa nelle relazioni umane: una crisi di valori che allontana le persone l’una dalle altre e cristallizza la felicità, rivelandone in superficie quella profonda sofferenza che caratterizza la reale essenza umana“.

Oiktos è un film connotato sia dall’assurdo tanto caro al cinema italiano di Marco Ferreri, sia da visioni schopenhaueriane, chiuse in inquadrature geometriche al servizio delle emozioni non espresse.  Oiktos gioca con il sentire dei suoi personaggi e con quello dello spettatore in sala che, a proiezione finita, percepisce le proprie emozioni manipolate in uno strano gioco guidato da leggi masochiste. Oiktos è la perla nera della sezione lungometraggi in concorso al Torino Film Festival 36, e il consiglio non può che essere uno: andate a vederlo.

 

 

 

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