FLORENCE KOREA FILM FESTIVAL

Report di ARIANNA VIETINA

Si è svolto a Firenze dal 21 al 29 marzo il Florence Korea Film Fest, punto di riferimento per gli appassionati del cinema coreano in Italia. Questa manifestazione punta i riflettori su una cinematografia sempre più studiata e apprezzata in Occidente, grazie soprattutto all’ultima New Wave. Autori come Park Chan-wook, Kim Ki-Duk, Hong Sang-soo e Bong Joon-ho hanno reso il cinema coreano diffuso e popolare in tutto il mondo, grazie all’attenzione loro riservata dai festival internazionali che per primi si sono accorti della loro rilevanza, tra cui la Mostra del Cinema di Venezia, e i festival di Cannes e Berlino. Perché il cinema coreano contemporaneo è così interessante anche per gli spettatori occidentali?

Alcuni membri dello staff del festival, tra cui il direttore Riccardo Gelli (quarto da sinistra) con la regista ospite Ha Joon-jae (al centro).

Anche se è un fenomeno in atto, su cui ancora c’è molto da indagare, possiamo affermare che la cinematografia coreana sia la più vicina al gusto occidentale, rispetto a quella cinese e giapponese, poiché la Corea del Sud è stata molto influenzata dalla cultura americana. E’ un paese che vive una lotta ancora in atto tra tradizione e innovazione, palese anche nella frattura tra Corea del Sud e del Nord. Questa frattura però non è solo geo-politica, ma anche culturale. Nei film questioni di onore, di legami familiari e responsabilità si trovano spesso in conflitto con questioni economiche o legate all’orgoglio del singolo, più proprie quindi della cultura capitalistica. Possiamo vedere questa spaccatura anche nella variegata offerta di prodotti cinematografici coreani: si trova molto cinema d’autore, ma anche tanto lavoro sui generi e un’importanza fondamentale è riservata ai film mainstream. Tra guerre e crisi economica, l’industria cinematografica coreana ha subito diversi scossoni, ma oggi sembra aver abbracciato una filosofia di investimento massiccia che mira a produzioni più spettacolari, con cast prestigiosi e l’ambizione di superare i film d’importazione americana al botteghino. 

Èquesto il caso del film di apertura del Korea Film Fest, Swing Kids di Khang Hyung-cheol, che a Natale 2018, ha superato al botteghino il film della DC Aquaman

Swing Kidsè un’opera emblematica della produzione coreana odierna, poiché si tratta di un film d’ispirazione musical, ironico e leggero, ambientato però in un campo di prigionia realmente esistito nel ’51, durante la guerra di Corea. Il protagonista è un soldato nordcoreano che scopre l’amore per il tip-tap grazie a un sergente afroamericano di stanza nel campo. Con questo escamotage quasi fiabesco il film manda un messaggio confortante, proponendosi come un film per tutti, benché vi compaiano un paio di elementi rivelatori di un background più complesso. Innanzitutto vengono messi in scena anche dei momenti molto violenti, che stridono clamorosamente con il moodspensierato della pellicola e che aprono una voragine sulla ferita aperta di quel conflitto. E poi abbiamo sullo schermo un cast variegato, che contempla molti interpreti occidentali, e in cui i personaggi interpretano ruoli creati appositamente per suggerire un superamento delle differenze di genere, la discriminazione etnica e il body shaming.

Il direttore Riccardo Gelli e la vicedirettrice Chang Eun-young al photo corner del Festival

Il festival ha proposto altri ventidue film (più una selezione di cortometraggi e una sezione in Virtual Reality) in cui si sono visti autori più celebri, come Kim Ki-Duk, Lee Chang-Dong, Kim Jee-woon, accanto ad autori esordienti. L’aspetto più interessante del festival è che, rispetto a manifestazioni internazionali più grandi, possiamo vedere uno accanto all’altro prodotti veramente diversi, dal blockbuster futuristico alla produzione indipendente passando per film di genere storico, crime e horror, i più diffusi nella tradizione orientale. Prendiamo due esempi di film presentati, Clean UpAsura e The City of Madness

Il primo, esordio del regista Kwon Man-ki, è un dramma intimista e sofferto, che parla dell’espiazione delle colpe di una donna che deve confrontarsi con il ragazzo che aveva rapito quando era piccolo. La loro convivenza forzata mette in scena la tensione tra una verità inquietante e la necessità che l’uno ha dell’altro al punto da dimenticare gli orrori del passato. 

Completamente diverso è l’ultimo film di Kim Sung-su Asura: The City of Madness, un gangster movie in stile John Woo, pulp, saturo e popolato di star del cinema coreano. Un film di genere che non ha paura di mostrare ultra violenza e corruzione attraverso personaggi chiaroscuri e un ritmo coinvolgente. 

È possibile vedere questa varietà di prodotti al Florence Korea Film Festival, che si riconferma in questa sua 17^ edizione una finestra fondamentale per cogliere la varietà della produzione cinematografica coreana anche in Italia. 

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