“Take Light” di Shasha Nakahai

Tra i grandi paradossi che segnano il continente africano vi è quello dell’inaccessibilità ai servizi basilari nonostante la grande disponibilità di risorse prime. È questo il caso della Nigeria che, nonostante possieda la più grande riserva di gas naturale in Africa e sia il maggior produttore di energia elettrica, può garantire accesso alla linea elettrica a meno del 50% della sua popolazione, e anche questo 50% ne può disporre per limitate fasce orarie, spesso interrotte da improvvisi blackout e malfunzionamenti.

La regista Shasha Nakahai ci porta tra le strade della sua città natale, Port Harcourt, per raccontarci questa crisi attraverso la testimonianza delle persone che devono convivere giornalmente con questa situazione. In particolare il film si concentra su Martins, un ingegnere che svolge il “lavoro più odiato di tutta la Nigeria”: l’elettricista per la NEPA. La funzione principale del suo lavoro è di andare con la sua squadra a scollegare dalla rete elettrica le case delle persone che non hanno pagato le bollette, affrontando spesso folle di cittadini iracondi capaci di diventare violenti.

La crisi energetica diventa uno strumento per raccontare le contraddizioni politiche, sociali ed economiche figlie del malgoverno e della corruzione, restituendo allo spettatore uno spaccato della lotta quotidiana dei cittadini nigeriani. Il fulcro del documentario è tuttavia il lato umano ed emozionale dei suoi protagonisti, un gruppo di persone costretto ad accettare lavori e situazioni scomode per il bene della propria famiglia. La regista, sapientemente, decide di mostrarci  entrambi i lati della barricata; se i primi personaggi che incontriamo (Martins e Deborah) sono impiegati  della compagnia elettrica, più avanti avremo modo di conoscere anche un meccanico a cui  la corrente è stata tolta dalla NEPA, e un elettricista illegale che rischia la vita operando in condizioni di totale assenza di sicurezza per riallacciare abusivamente le abitazioni scollegate dalla rete elettrica. Il film non cede mai a facili moralismi, mantenendo uno sguardo imparziale che non ci mostra buoni o cattivi, ma diverse facce di una stessa medaglia, esseri umani che fanno del loro meglio per sopravvivere in una situazione difficile.

Attraverso il montaggio Shasha Nakahai riesce a costruire un climax che coinvolge sempre più lo spettatore, partendo da ambienti famigliari di relativa tranquillità e arrivando alle pericolose strade di Port Harcourt, in cui la tensione tra impiegati NEPA e cittadini è costante e pronta a scoppiare alla minima scintilla.

Un interessantissimo film che riesce a partire da una situazione socio-politica per indagare la condizione dell’uomo.

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