“ALELÍ” DI LETICIA JORGE

Una spigliata vignetta sul saper ridere. Ridere del dolore e trasformarlo in qualcos’altro: questo è quello che cerca di fare Leticia Jorge nella sua opera seconda Alelí.
La famiglia Mazzotti è calorosa, avvolgente, squilibrata; la morte del padre è l’antefatto delle vicissitudini bizzarre e inverosimili che si susseguono nell’arco di una giornata. Una nera commedia familiare che si confrontano con uno schema classico: venuto a mancare un membro della famiglia, i parenti tentano di gestire il patrimonio materiale ed emotivo che il defunto si lascia dietro.

Alelí è il nome della casa al mare, centro gravitazionale delle preoccupazioni dei fratelli, fulcro simbolico del racconto stesso. Significativamente, la dimora ci viene mostrata per la prima volta a metà del film, svettando in un’inquadratura dal basso che sembra permetterci di entrare nell’intimità più autentica dei personaggi. Intorno alla decisione di vendere o meno l’abitazione ruotano e si definiscono le personalità dei tre figli.

Ernesto (Néstor Guzzini), Lilián (Mirella Pascual ) e Silvana (Romina Peluffo) hanno caratteri profondamente diversi. Silvana è la pecora nera. Incasinata, sola, costantemente distratta da se stessa e da una realtà che non sembra totalmente appartenerle. Perno della disfunzionalità famigliare per tutto il film, finisce per rivelarsi compensatrice fra gli squilibri relazionali. Ernesto, unico maschio in mezzo a due figure femminili che non potrebbero essere più diverse, è il più fedele alla figura paterna. Devoto alla materialità degli oggetti, al ricordo delle piccole tradizioni quotidiane e contrario alla vendita della casa, sembra fondersi con la figura del genitore, come se lui fosse un suo doppio, o volesse diventarlo. La regista lo mostra spesso davanti allo specchio, riflesso da una somiglianza che in pochi ma eloquenti momenti sembra quasi sdoppiarlo fisicamente e ridar vita a un corpo ormai assente. Infine c’è Lilián, in costante scontro con il fratello, più lucida, distaccata, a tratti cinica rispetto agli altri due. Il sistematico disaccordo tra lei ed Ernesto genera molti dei momenti più divertenti e stravaganti del film, un intrecciarsi di episodi in un arco narrativo che parte da una distanza inconciliabile per concludersi in una genuina complicità.

A chiudere il cerchio degli alterchi familiari c’è, come prevedibile, Alelí. Una casa che si infiamma di relazioni difficili, di sensibilità che faticano a trovare un collante, dei tentativi incessanti di anestetizzare la paura del cambiamento e della morte. E il film sembra suggerirci che l’unica soluzione possibile per dominare il tragico sia, in fondo, saperci ridere su.  

Giulia Leo

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