“DYLDA” DI KANTEMIR BALAGOV

Ila, Ija: è solo una lettera a differenziare i nomi delle protagoniste dei due film realizzati dal regista Kantemir Balagov. I nomi di due donne separate da più di cinquant’anni di storia, e che eppure sono legate: da un lato, Ila – protagonista di Tesnota– la ragazza ebrea che si atteggia da maschiaccio e lavora come meccanico; dall’altro, Ija, o Dylda (=“giraffa”), come la chiamano tutti, l’altissima infermiera che viene colta da improvvise crisi epilettiche che la isolano totalmente dal mondo circostante. Due donne, dunque, che vivono all’insegna della diversità, ma che vivono anche due diversi momenti della storia della Russia: da un lato, quello dell’entrata in guerra del Paese contro la Cecenia, che è dove troviamo Ila; dall’altro, quello dell’inverno del 1945 a Leningrado, dove invece c’è Ija. Da un lato la crisi del colosso sovietico e, dall’altro, la sua nascita. E, in mezzo allo spettro, due donne chiamate ad affrontare la sfida della maternità.

Tuttavia, se in Tesnota ciò avveniva con le modalità di un classico scontro tra madre e figlia, in Dylda assume le tinte di un sottile duello psicologico tra pari. Ija infatti ritrova Masha, sua compagna d’armi, dopo aver cresciuto il piccolo figlio di lei, Pashka. Le due donne non potrebbero essere più diverse: là dove Ija pare persa in un mondo tutto suo, Masha è concreta e pragmatica; dove la prima non ha avuto problemi a badare al figlio dell’amica, la seconda non ha esitato a lasciarlo. Nonostante le differenze, le due sono unite da un legame che va oltre l’amicizia: si spalleggiano a vicenda, si difendono da presenze maschili indesiderate, rappresentano l’una il sostegno dell’altra. Ma quando Masha scopre che il piccolo Pashka è morto in un macabro incidente, i rapporti tra le due cambiano: Masha cade in una sorta di delirio e, forte del grande ascendente che ha sull’amica, cerca di convincerla a rimanere incinta al suo posto, perché lei ormai non può più avere figli. Ija, però, nonostante gli sforzi, non riesce a soddisfare le richieste di Masha.

E’ interessante osservare come le due donne rappresentino due facce opposte del femminile: Ija è colei che aiuta, che dà tutta se stessa per il benessere di chi le sta attorno; Masha invece esercita il suo potere in maniera assoluta, domina e ammalia col suo carisma senza doversi mai sacrificare. Le due finiscono quindi col giocare un gioco di ricatti e inganni, volto sulla carta a colmare l’assenza di Pashka, ma che in realtà ha tutto il sapore di una lotta per il potere.

Sullo sfondo della Russia stalinista, Balagov realizza un’opera intensa, recitata con raffinatezza, dalla messa in scena precisa ed elegante, girata per lo più in interni dai colori accesi, in contrasto col grigiore dell’inverno circostante. Uno spaccato realista in cui si vede come, anche in una realtà dove tutti hanno diritto a tutto, ciascuno si porti dentro un vuoto che nulla potrà mai colmare.

Alessandro Pomati

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