“FUORI TUTTO” DI GIANLUCA MATARRESE

Torino, fine anni ’60. Le rovine della guerra sono solo un ricordo, il Belpaese è trainato dalla crescita industriale e parole come boom o miracolo economico guidano e plasmano l’immaginario nazionale. Qui due meridionali si conoscono, si innamorano, mettono su famiglia. Lei viene dalla Calabria, lui invece è pugliese, di Canosa. Cominciano come operai, poi decidono di mettersi in proprio e riescono ad aprire un negozio di calzature. Sono gli anni dei consumi di massa, i salari crescono e tutti possono permettersi un paio di scarpe nuove. È così che nasce Togo, il piccolo impero della famiglia Matarrese, una delle più grandi e redditizie cooperative piemontesi di vendita al dettaglio.

L’ascesa attraversa le due repubbliche ma si arresta, inesorabilmente, al limitare della terza quando, fagocitata la piccola e media impresa, il regime di crisi e la forzata austerità costringono i Matarrese all’indebitamento. Con un passivo che supera il milione di euro, la famiglia si stringe e cerca di trovare una soluzione. Ritorna a casa anche il figlio Gianluca, che da anni ormai vive e lavora in Francia. Fra le mani però ha un’inseparabile macchina da presa, con la quale decide di immortalare ogni istante di quel suo improvviso ritorno in patria.

In gara nella sezione Tff.doc, Fuori tutto è un’odissea fra le chimere generate dalla crisi. La camera di Gianluca Matarrese entra nella vita privata della sua famiglia senza remore, catturando le nevrosi, le frustrazioni, i contrasti e le angosce di chi la guerra dello spread la vive sulla propria pelle. In questa prospettiva le parole di sua madre sono lapidarie: se i consumi non riprendono, le banche acquisiranno la Togo, non c’è alternativa.

Il mantra tatcheriano pervade e infesta la serenità familiare, al punto che i Matarrese si abbandonano a intolleranze, litigi, accuse reciproche e insofferenze. La libertà dei protagonisti in tal senso è totale, ognuno si espone allo sguardo della macchina da presa con la massima sincerità, anche quando ad essere rivelati sono gli espedienti, non proprio legali, necessari per evitare la bancarotta. Anticipare i saldi, vendere a nero, abbassare la qualità delle forniture; perché vergognarsi? La lotta per la sopravvivenza è così disonorevole? E la crisi è veramente soltanto una responsabilità individuale?

È con queste domande che il film innesca i suoi migliori cortocircuiti, perché mina alle fondamenta il pensiero unico di questa nostra strana epoca di dominio liberista. In Fuori tutto infatti l’economia cessa di essere una questione morale e la dimensione strutturale della crisi ritorna rilevante. Se i Matarrese – e per sineddoche l’intera classe media italiana – sono le vittime del dissesto nazionale, dove sono gli artefici? E chi sono i colpevoli? La famiglia di Gianluca prova a darsi una risposta, ma gli unici indizi che riescono a valicare le pareti di casa Matarrese sono i confusi fuoricampo dei telegiornali, le dichiarazioni astratte e fumose della politica contemporanea. L’esplorazione non va oltre, si esaurisce entro le mura domestiche, ma è proprio questo il merito migliore del film: d’ora in poi la crisi non sarà più soltanto una tragedia privata.   

Marco De Bartolomeo

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