“L’APPRENDISTATO” DI DAVIDE MALDI

Dopo Frastuono, presentato al TFF nel 2014, Davide Maldi realizza il secondo capitolo di una trilogia sull’adolescenza. Il film, presentato nella sezione TFFDOC/italiana, parte da un presupposto ben preciso: ricercare un contesto in cui dei ragazzi siano portati sin dalla giovane età a imparare un mestiere e, di conseguenza, ad accelerare il proprio percorso di crescita. Da qui deriva la decisione di segire il primo anno scolastico di una classe di cinque studenti di un istituto alberghiero.

Questa premessa motiva alcune scelte di campo. Innanzitutto quella di ambientare quasi interamente le riprese all’interno del collegio, decidendo di escludere qualsiasi riferimento al mondo esterno, alla vita privata dei ragazzi: non ci sono genitori, amici o momenti di svago, nulla che provenga da fuori. In secondo luogo, il preciso lavoro operato a livello della colonna sonora, che non si limita ad accompagnare le scene, ma agisce per connotarle. In particolare spicca la modulazione quasi tribale di timpani e tamburi, apparentemente fuori contesto, ma funzionale invece a esaltare la dimensione iniziatica che assume il collegio, come se fosse un rito, volto a forgiare i ragazzi in questa delicata età di transizione, per prepararli alla vita adulta.

Questi due aspetti, ovvero lo spazio e il suono, concorrono inoltre a creare un’atmosfera claustrofobica e asfissiante, particolarmente sentita da Luca (Luca Tufano), studente che spicca nella classe per la difficoltà ad allinearsi, a piegare la sua spontaneità nei rigidi codici che questo mestiere prevede. Anche questo elemento risponde a una determinata scelta di campo. Il film sembra seguire due percorsi paralleli che a tratti si intersecano, quelli della classe e quello personale di Luca. Ecco quindi che gran parte del suo svolgimento segue un taglio documentaristico, mentre quando la focalizzazione vira su Luca si orienta verso la fiction, presentando scene più costruite, volte a esaltarne il carattere selvaggio e ancora indomato del ragazzo. Il suo temperamente emerge in particolare nei contesti di montagna, come ad esempio la scena della caccia che costituisce una piccola parabola di evasione dall’opprimente atmosfera della scuola. 

La struttura è funzionale a suscitare empatia verso gli studenti e a mostrare la difficoltà sottesa a questo percorso formativo. Questo impianto non spezza il racconto, anzi, gli conferisce forza e coesione, costruendo un discorso fluido e lineare, ma soprattutto, onesto. 

Valentina Velardi

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