“MÃES DO DERICK” (MOTHERS OF DERICK) DI DÊ KELM

Presentato nella sezione Internazionale.doc, il film mostra la vita di una famiglia non monogama e anticonvenzionale composta da un bambino di nove anni, Derick, figlio biologico di Tammy, e dalle altre tre madri che lo crescono: Bruna, Shiva e Ana.

Questo gruppo di donne, unite dall’amore reciproco e dal desiderio di emancipazione, decidono di costruire insieme, con le proprie mani, una casa. Dall’inizio del film, ambientato in una foresta sulla costa meridionale del Brasile, e per tutto il suo svolgimento, le scene di vita quotidiana di questa famiglia sui generis sono scandite dai lavori in corso, da questa abitazione che gradualmente prende forma. Ad essere costruito, tuttavia, non è solo un luogo fisico e materiale in cui crescere il piccolo Derick, che non sia pericolante come la casa attuale, ma un proprio posto nel mondo.

Questa costruzione si inscrive, infatti, in un più grande quadro di resistenza e di lotta, parole che tornano a più riprese nel documentario di Dê Kelm. Attraverso questa casa – le cui fondamenta sorgono significativamente in un’area occupata –, la vita comunitaria e la musica le madri cercano di insegnare al figlio il rispetto per la diversità e l’importanza dell’inclusività e, più in generale, di scardinare i pregiudizi e la mentalità ristretta di un Paese ancora profondamente maschilista e omofobo.

La musica, in particolare, diviene uno strumento concreto di militanza, un modo per far sentire la propria voce e comunicare le proprie istanze. Coniugando due stili apparentemente inconciliabili, quali il documentario d’osservazione e il musical, il film crea delle vere e proprie parentesi musicali che, attraverso l’uso dell’abbigliamento streetwear, il ricorso a sguardi in macchina, movenze hip-hop e scene corali, ammiccano all’estetica del videoclip.

Peculiare rilevanza assume la scelta del gruppo Taiobas, che firma la colonna sonora, di risemantizzare un genere spesso misogino e machista come il rap in chiave femminista, riconducendolo alla sua radice di spazio di resistenza dal basso e di linguaggio di ribellione. Il rap, quale mezzo di espressione diretto e schietto che nasce dalla marginalità, diviene qui vettore di cambiamento sociale e, insieme, di racconto autobiografico: sfogo salvifico che permette a Tammy di incanalare le sue esperienze in una comunicazione creativa. Efficace è inoltre la scelta di integrare le immagini riprese dal regista con il materiale girato da Derick con la sua camera digitale. È proprio quest’ultimo a restituirci in maniera più limpida il suo punto di vista e a far trasparire la spontaneità con cui vive questi rapporti nuovi, più liberi e affettuosi, capaci di allargare il concetto stesso di maternità.

Valentina Velardi

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