“BERGMAN ISLAND” DI MIA HANSEN-LØVE

La regista francese Mia Hansen-Løve, con Bergman Island, costruisce un film che, riprendendo i temi a lei cari e mettendo in discussione il suo stile di sceneggiatura, si trasforma in una profonda (auto)riflessione sul processo creativo dell’artista. Per far ciò, mette in scena un vero e proprio alter ego, che ha le fattezze di Chris Sanders (Vicky Krieps), regista e sceneggiatrice. Chris, in compagnia del marito Tony (Tim Roth), anch’egli cineasta, si stabilisce per un’estate a scrivere il suo prossimo film sull’isola svedese di Fårö, celebre residenza di Ingmar Bergman.

Come spesso accade nelle sue opere, la Hansen-Løve costruisce una storia che sembra ruotare attorno a un rapporto di coppia, salvo poi slegare lentamente i due i personaggi e concentrarsi su uno solo di essi. Questo cambio di focalizzazione corrisponde al momento in cui il personaggio di Chris comincia a raccontare al marito la trama della sua sceneggiatura. È proprio mettendo in scena la storia di Amy (Mia Wasikowska), protagonista del film nel film, che la regista transalpina può esplorare, ancora una volta, il dualismo tra l’amore giovanile, irrazionale ed eterno (tanto da diventare una maledizione) e quello maturo e intellettuale tra due persone che condividono menti e stili di vita. Al contempo, la scelta di sdoppiare la narrazione fa emergere con più chiarezza il ruolo di Chris come alter ego della regista. Non è un caso che Tony condivida il medesimo lavoro (Hansen-Løve ha avuto una relazione di circa quindici anni con Oliver Assayas) e neppure che Chris e Tony rimarchino più volte come il suo racconto si sviluppi nell’arco di soli tre giorni. La brevità della storia, infatti, rappresenta una eccezione sia per Chris che per la regista francese, spesso abituata a spalmare i propri film nell’arco di diversi anni.

La giovane cineasta però, inserisce tutti questi temi in un contesto più ampio e universale, trattando non solo le sue difficoltà ma quelle di tutti gli artisti che cercano di esprimere se stessi. Proprio a questo serve l’ambiente in cui i personaggi del film sono inseriti. Tutti, sull’isola di Fårö sono influenzati dalla presenza di Bergman: alcuni ne vengono stimolati mentre altri, come la protagonista, se ne sentono soffocati. Entrare in contatto con il fantasma di Bergman significa sia riuscire a affrontare il passato sia rielaborare la vita all’interno della propria arte, così da potersi garantire un futuro.

Enrico Nicolosi

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