EASTWOOD & EASTWOOD

I cinquant’anni di carriera di Clint Eastwood sono l’oggetto del documentario Clint Eastwood: A Cinematic Legacy firmato Gary Leva e commissionato dalla Warner Bros. Leva ha ricostruito sullo schermo la lunga carriera di uno degli ultimi grandi registi classici del cinema americano, passando per la molteplicità dei generi che ha affrontato e per un’analisi del suo metodo di lavoro. Montaggio invisibile, autenticità del racconto e personaggi che diventano eroi per caso sono l’emblema del cinema di Eastwood. 135 minuti in cui ripercorriamo la sua carriera, dal suo debutto televisivo alle collaborazioni con Siegel e Leone, dalle prime esperienze di regia fino a oggi.

Ciascuno dei nove capitoli di cui è composto il documentario affronta un aspetto diverso della sua personalità. Non ci viene presentato solo il regista capace di costruire meticolosamente la perfezione del momento attraverso la macchina da presa, ma anche il direttore di attori in grado di metterli a proprio agio e di guidarli con tanta precisione da consentire loro di rendere sempre al meglio. A guidare lo sviluppo del racconto alcuni dei volti più noti di Hollywood con cui Eastwood ha lavorato in tutti questi anni: Morgan Freeman, Meryl Streep, Tom Hanks e Steven Spielberg sono solo alcuni dei nomi che hanno contribuito a far emergere il carattere poliedrico di un uomo che ha vissuto di cinema. Un progetto ambizioso, quello di Leva, a tratti forse ridondante ma mai superficiale, che ci permette di ripercorrere un cammino lungo oltre mezzo secolo.

Tutti gli elementi condensati nel documentario di Leva sono presenti nell’ultimo lungometraggio realizzato da Eastwood: Cry Macho – Ritorno a casa con cui, per la prima volta da Unforgiven (1992), il regista ritorna alle atmosfere del western. Il titolo del film racchiude due elementi chiave: da un lato la ricerca del proprio posto nel mondo e, dall’altro, la dualità del personaggio interpretato dallo stesso Eastwood. Mike, infatti, è una vecchia gloria del rodeo, un domatore di tori e cavalli che, dopo la morte di moglie e figlio, ha perso tutto, anche quel machismo che lui stesso descrive a Rafo, il ragazzo che deve condurre dal padre in Texas, come sorpassato. Se in un primo momento il rapporto tra i due è freddo e distaccato, nel corso del film il legame si trasforma in qualcosa di molto simile alla relazione che legava Walt e Thao in Gran Torino (2008): una paternità acquisita involontariamente che si sviluppa con tanta naturalezza da diventare quasi ineludibile, facendosi vero motore della storia.

L’Eastwood che troviamo in Cry Macho – Ritorno a casa è vicino a quello che abbiamo visto in The Mule (2018), rallentato dall’età e con un filo di voce. Vediamo così, ancoro una volta, dietro al duro eroe solitario, l’uomo che ne ha sempre vestito i panni. Mike è solo, anziano e, come lui stesso dice, non sa affrontare la vecchiaia ma riesce a trovare in un piccolo paesino vicino il confine tra Stati Uniti e Messico il suo posto nel mondo e una donna con cui condividerlo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *