“JANE PAR CHARLOTTE” DI CHARLOTTE GAINSBOURG

«Riprenderti con la videocamera è solo una scusa per guardarti», dice Gainsbourg a Birkin, con quel suo tono dolce e pacato, in una delle prime scene di Jane Par Charlotte, film presentato in anteprima alla 74ª edizione del Festival di Cannes – e riproposto al TFF39 nella sezione Surprise. Il film oltrepassa subito i freddi confini del documentario biografico assumendo la forma di una conversazione intima e sensibilmente viva tra madre e figlia, dove lo iato tra queste due identità (così come quello tra biografia e autobiografia) si fa sempre più labile, fino a coinvolgere anche Joe, la figlia più piccola di Charlotte.

Quello scarto generazionale – che forse è il motore stesso del film – porta l’attrice (e regista) a interrogare la madre su quale sia la maniera più appropriata di assumere la posizione mediana nel triangolo figlia-madre-nonna; l’esortazione di Jane ad acuire lo spirito di sorellanza apre il primo spiraglio nel muro di flemma e pudicizia che divide le due donne, muro che si sgretola nel divenire del film.

Primo, e più essenziale, elemento di divergenza tra le due personalità è il rapporto con il proprio corpo: conflittuale per Birkin, che ancora non ha saputo accogliere la senilità, spontaneo (seppur discreto) e in grado di reinventarsi per Gainsbourg. Il contatto fisico fra queste due presenze risulta inizialmente esitante; Jane dichiara infatti di essersi da sempre sentita intimidita da Charlotte e dalla sua indecifrabile aura di mistero e segretezza. Tali irresolutezze – sottili ma percepibili per gran parte del film – si concretizzano agli occhi dello spettatore nella scena delle prove del concerto, quando, sul palco, le due camminano verso la medesima direzione (la madre di fronte alla figlia) e una voce fuori campo suggerisce alla prima di non voltarsi indietro. Un istante fortuito che diventa metafora del loro rapporto.

Il “denudamento” di Jane Birkin procede grazie alla perspicacia delle domande della figlia, che le fa rivivere i momenti più significativi della vita, stimolandola (in maniera del tutto sorgiva) a esternare rimpianti, insicurezze e sensi di colpa così come ricordi, aneddoti e, soprattutto, un’indole vivace e speranzosa. Sulla spiaggia, in campo lungo, Jane si avvicina lentamente al primo piano mentre, fuori campo, l’ultimo breve monologo di Charlotte esprime il suo proposito di “ri-conoscere” la madre, partendo finalmente da un abbraccio.

Lisa Cortopassi

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