“APOLLO 10 1⁄2: A SPACE AGE CHILDHOOD” DI RICHARD LINKLATER

“Beh, sai come funziona la memoria. Anche se dormiva, un giorno crederà di avere visto tutto.”

Per raccontare la sua infanzia, come quella di tutti gli altri ragazzi nati a Houston e dintorni negli anni ‘60, Richard Linklater torna ad avvalersi dell’animazione in rotoscopio ben sedici anni dopo A Scanner Darkly – Un oscuro scrutare (A Scanner Darkly, 2006). Se in quell’occasione la tecnica gli forniva la possibilità di avvicinarsi allo sfumato universo dickiano, fatto di fantasia e immaginazione ma anche, più pragmaticamente, di paranoia e droga, in Apollo 10 e mezzo (Apollo 10 1/2: A Space Age Adventure, 2022) si tratta invece di una scelta che si rivela la maniera più immediata per far coesistere le due anime del film: da una parte la ricostruzione puntuale ed esaustiva della vita americana alla fine degli anni ’60, dall’altra la fantascientifica avventura del piccolo Stan.

La singolare tecnica di animazione riesce infatti a mantenere il racconto coerente e coeso anche quando, come in questo caso, esso si presenta come un flusso di ricordi frammentati e instabili. A narrare la vicenda è lo stesso protagonista Stan che ricostruisce in flashback (con la voce di Jack Black) il suo passato a cominciare dal segreto reclutamento da parte della NASA come astronauta in scala ridotta. Stan viene infatti incaricato di pilotare sulla luna una navicella di prova che, per errore, risulta essere troppo piccola per un adulto, ma perfetta per un ragazzino di nove anni. Proprio come Paul Thomas Anderson in Licorice Pizza (2021), Linklater sceglie di allargare il racconto della missione segreta a un affresco della vita di tutti i giorni inserendo elementi fortemente caratterizzanti della realtà americana dell’epoca all’interno di un film dalla struttura episodica e dall’atmosfera sognante. I suoi occhi catturano una quotidianità fatta di sfrenato ottimismo per le innovazioni tecnologiche e scientifiche, di speranza nel futuro data dalla corsa alla luna, ma anche di ombre che si insinuano attraverso le immagini che, arrivando nelle case di tutti, rendono reale l’esistenza di conflitti non più trascurabili come la guerra in Vietnam o le lotte per i diritti civili degli afroamericani, o ancora l’incubo del sovrappopolamento di un pianeta sempre più impoverito e inquinato.

È solo dopo aver mostrato le immense contraddizioni presenti nella società americana, che il racconto ritorna sulla missione “Apollo 10 e mezzo” sovrapponendosi a quella ufficiale e, forse, reale. Il 20 Luglio 1969, proprio quando tutta la famiglia – come tutte le famiglia americane- è riunita davanti alla televisione per guardare i primi passi di Neil Armostrong sulla luna, lo spettatore vede invece quelli di Stan, che svogliatamente, assopito, si tiene ai margini della condivisione. All’interno dell’universo creato dal regista texano, l’esperienza del ragazzino si sovrascrive al mancante ricordo dell’allunaggio trasformandosi in qualcosa di molto più eccitante: un’incredibile avventura top secret vissuta in prima persona. Il potere dell’immaginazione supera quello della tecnologia. Se la fiducia nella scienza gli permette di sognare di essere a bordo di uno shuttle diretto sulla luna, il cinema può rendere il suo sogno una realtà.

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