“ONE FOR THE ROAD” DI NATTAWUT POONPIRIYA

Dopo Countdown (2012) e Bad Genius (2017), Nattawut Poonpiryia torna al Far East Film Festival con One for the Road, un atipico buddy movie che si muove, attraverso innumerevoli flashback e flashforward, in diversi tempi e diversi spazi con la stessa facilità con la quale i protagonisti, Boss (Thanapob Leeratanakachorn) e Aood (Nattarat Nopparatayapon), si spostano tra Bangkok e New York.

I calibrati tagli di luce, quasi à la Paul Thomas Anderson, e la luminosissima fotografia, ricorrenti nelle scene in cui è protagonista Boss, molto ricco sin dalla nascita, l’opposto del self-made man americano, fanno da contraltare alle più tetre atmosfere delle sequenze in cui appare Aood, che fungono da puntuale corrispettivo visivo del cancro che lo sta uccidendo. I due, amici di vecchia data, sono stati divisi da stili di vita opposti: l’appagante esistenza di Boss, perennemente orchestrata da una troppo apprensiva famiglia, configge con la realtà più cruda vissuta da Aood, resa ancor più faticosa dalla leucemia ereditata dal padre. A quest’ultimo i due diranno addio in una sequenza che sembra riprendere, de-ironizzandolo, l’ultimo saluto che il Drugo e Walter danno all’amico Donny nel Grande Lebowski. Il One for the Road del titolo, travestito da itinerario alla ricerca delle ex fidanzate di Aood, altro non è che un viaggio interiore alla ricerca dell’accettazione di un torto segreto che anni prima il povero e geloso Aood perpetrò ai danni dello sciupafemmine Boss. Dopo la confessione di questa slealtà, Poonpiryia mette in scena quel forse troppo brutale scambio di ruolo tra i due: il film si focalizza ora su Boss e sulla mancata storia d’amore con Prim (Violette Wautier). Ancora una volta, però, il viaggio a ritroso alla scoperta di questa agognata storia d’amore, si rivela essere un macguffin per indagare, attraverso un serrato montaggio alternato tra diverse epoche e continenti, le discrepanze tra il lussuoso e vuoto mondo di Boss e il popolare e gremito di emozioni cosmo di Prim. Il terzo film del regista, dunque, nasconde ben altro dietro i viaggi in macchina, i pianti e i drink in onore delle ex fidanzate: è un’accurata e diligente rappresentazione di mondi geograficamente e socialmente distanti, forse inconciliabili.

Davide Gravina

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