“CLARA SOLA” DI NATHALIE Álvarez Mesén

Clara è onesta, priva di filtri e condizionamenti. Ha un legame viscerale con il suo corpo, con gli altri, col sesso, con la natura. Santa in grado di guarire i malati, bambina nel corpo di una donna di 42 anni, adulta senza vincoli morali, subisce la stretta conservativa di una società religiosa, quella costaricana, in cui un matriarcato aggressivo ricalca l’ottusa violenza patriarcale. Nathalie Álvarez Mésen, in concorso alla 39esima edizione TorinoFilmFestival, presenta un’opera prima che è un progetto d’arte cinematografica. Con un background da attrice mimica, la regista forgia un film “tattile” costruito sulla poesia del gesto e de linguaggio corporeo. Di qui la scelta felice di Wendy Chinchilla Araya, danzatrice contemporanea, nel ruolo di protagonista. Una performance, la sua, modellata sulla capacità di comunicare con i sensi e con la pelle. Le parole non bastano a tradurre gli impulsi primordiali che danzano in Clara. Il corpo può.

Il film amalgama con coerenza le istanze della recitazione e della scrittura magico-realistica con la messa in scena. Le scelte di regia, infatti, incarnano la dimensione estatica e sensoriale sottesa al film: macchina a mano a stringere sui personaggi, dinamismo, movimenti marcati. L’inquadratura si muove di continuo, accarezza i personaggi, respira con loro. Si avvicina con traiettorie sensuali che assomigliano a coreografie visive. Anche quello del discorso filmico è, a ben vedere, un linguaggio “corporeo”. Quando Clara è Sola, quello tra lei e la camera che l’asseconda, è un passo a due. Nathalie Álvarez Mesén riesce a creare una connessione quasi fisica tra la cinepresa e gli attori, anche grazie alla complicità di musiche che sgorgano come acqua: ora un brusio naturale, ora una colonna di archi che vibrano, ora il rumore della pioggia che batte. La composizione interna alle inquadrature è armonica ed equilibrata. La fotografia (non è un caso che anche la direttrice della fotografia abbia un passato legato alla danza) eleva l’afflato poetico delle immagini.

Clara è libera quando è immersa negli elementi e si confonde con essi. È libera quando è sola. Il suo sguardo, carnale e immediato, sembra a tratti sovrapporsi con quello della lente. Clara intrattiene una relazione orizzontale e diretta con la natura, così fa la camera: segue il volo improvviso di uno scarabeo, il fiato caldo di un cavallo, i riflessi luminosi della rugiada in controluce che bagna una ragnatela al primo sole del mattino. Non c’è soluzione di continuità tra un primo piano e il dettaglio di un insetto. Clara Sola è un film che mostra grande ispirazione nella scrittura e visionarietà artistica. È anche l’urlo mistico e liberatorio di una ragazza cresciuta in una comunità aggressiva dove la sessualità è repressa brutalmente in nome di Dio. Dopo aver vissuto diversi anni in Svezia, ha deciso di tornare per girare, proprio lì, il suo primo film.

Francesco Dubini

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