“Akira” di Katsuhiro Ôtomo

Neo Tokyo, 2019. Dopo la Terza Guerra Mondiale il Giappone è in crisi. Economia allo sbando, politica corrotta e inefficace non riescono a trovare il modo di far ripartire un Paese in cui il crimine e la violenza la fanno da padrone. Unica cosa che sembra importare al Governo è Akira, sorta di progetto segretissimo volto al controllo di un potere enorme, che ha causato il proliferare di sette di invasati in tutta la città, i quqli predicano l’avvento di una divinità chiamata Akira. In questo caos sfrecciano su bolidi truccati gang di motociclisti, tra cui anche Kaneda e Tetsuo, ma un incidente inaspettato durante una scorribanda notturna come tante cambia per sempre le loro vite e quelle dell’intera nazione.

Capolavoro assoluto dell’animazione giapponese, l’opera di Katsushiro Ôtomo non è solo un film, è un’esperienza che lascia senza fiato. Girato nel 1988 (in Italia uscì solo nel ’92) fu il più costoso anime della storia (un miliardo di yen fu il budget) e portò alla creazione di una apposita casa di produzione per realizzarlo, la Akira Commitee con a capo lo stesso Ôtomo il quale diresse per vari anni più di mille animatori che lavorarono giorno e notte .

Tutte la paure e le contraddizioni degli anni Ottanta sono racchiuse in questa distopia che pesca a piene mani da cult occidentali. Una Neo Tokyo caotica, barocca e mastodontica è la copia della Los Angeles piovosa di Blade Runner (la data di ambientazione della vicenda non è casuale, infatti); i centauri senza legge che sfrecciano su futuristici bolidi ricordano quelli di Mad Max (il design della motocicletta di Kaneda è identico alle ligthcycle di Tron).

La maestosità estetica è un qualcosa che lascia a bocca aperta e il lavoro sopraffino sul sonoro, curato dal compositore Shoji Yamashiro, costituisce un’evoluzione epocale nell’animazione.
Proprio il concetto di Evoluzione sta alla base di Akira. Cos’è questa misteriosa energia tanto devastante da doverla nascondere nelle viscere della terra? Chi la controlla? Da dove arriva? Chi la possiede e come può essere usata? Il lato spirituale della pellicola sta in questa ambivalenza dell’Evoluzione, tecnologica soprattutto, che porta a regredire quando è portata all’eccesso.

Indubbiamente Ôtomo è figlio di Hiroshima e Nagasaki e quel “sole” che ha spento decine di migliaia di vite in pochi secondi ne ha influenzato la visione del mondo. Il “messaggio” di Akira è che l’Evoluzione è un potere che, se gestito male, può causare dolore, e questo messaggio viene espresso con grande forza visionaria che resta negli occhi ma soprattutto nella mente dello spettatore. Il futuro prefigurato da Ôtomo è folle, caotico, illuminato solo dai neon dei grattacieli e dalle insegne pubblicitarie, luogo in cui si corre a tutta velocità senza meta o inseguendo mete sbagliate.

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