“Gipo, lo Zingaro di Barriera” di Alessandro Castelletto – Conferenza stampa

Banlieu, ”borgate”, “barriere”, così sono state chiamate le periferie, spazi nei quali “confinare” ciò che non ha importanza che si veda o che non si vuole vedere, barriere, appunto, fisiche e psicologiche che Gipo Farassino ha sempre voluto abbattere e, anzi, innalzare ad arte, nelle storie e nei personaggi delle sue canzoni. E così, a tre anni dalla morte dello chansonnier torinese, l’ Yves Montand di via Cuneo, l’esigenza di ricordare il grande Gipo sorge spontanea nei cuori di Alessandro Castelletto (regista) e Luca Morino (musicista e cantante del gruppo Mau Mau), che si sono avvalsi dell’aiuto di Valentina Farassino (produttore, nonché figlia del cantautore) e Paolo Manera (direttore Film Commission Torino Piemonte). Il progetto era già iniziato quando Gipo era ancora in vita, ma la sua scomparsa non ha fatto che rafforzare quella che era l’esigenza di raccontare il mondo di Gipo: la marginale umanità della “Barriera”.

Come mostrato esplicitamente nel film e come sottolinea Alessandro Castelletto, la spinta principale a girare un documentario su Gipo non è stato il bisogno di memoria storica di un personaggio che ha avuto voce in un capitolo ormai concluso, ma la volontà di mantenere immortale nel tempo il suo spirito: quello della Torino grigia e periferica fatta di ballatoi e cessi comuni, ora semplicemente sostituiti dai bagni pubblici. La figlia ricorda il padre come un uomo che amava definirsi “zingaro”, non solo per via delle sue origini gitane, ma anche per la curiosità che lo spingeva a conoscere il mondo e viaggiare, per poi però tornare sempre alla sua amata Barriera. Gipo, infatti, non era apprezzato soltanto in Piemonte, ma anche in tutti quei luoghi dove i piemontesi come lui erano emigrati, si pensi al Sud America per esempio, dal quale provengono una parte dei fondi per le spese del documentario. Documentario che trova in uno dei suoi principali sostenitori la Film Commission di Torino, che finanzia un genere “periferico” che parla di periferie.

 

Alessasndro Castelletto, Valentina Farassino(prod.), Luca Morino (musicista)

 

Il film riesce egregiamente a fare immergere lo spettatore in un’atmosfera vintage che sembrava perduta o dimenticata: il ritrovamento di uno scatolone con dentro vecchi cimeli appartenuti a Gipo porta lo scettico, ma non indifferente, musicista Luca Morino sulle tracce del cantautore. Grazie a un impeccabile montaggio e una intelligente scelta musicale, ci viene narrata la vita di Gipo, il suo percorso artistico (e politico), ma sempre a partire dal luogo che lo ha sedotto e trattenuto a sé come una bella donna lasciva: la Barriera. Passando per vecchi bar dove gli anziani “barrieranti” giocano a carte, eccentrici artisti della “Torino-blues”, e leoni leghisti ormai spennati, è mostrato tutto l’ambiente vitale di Gipo, quello della “comunità da pujol”.

Ed è proprio nel voler combattere l’indifferenza e l’oblio che sta, infatti, la forza del film, una forza che si ritrova nell’attenzione di Gipo nei confronti della sua Barriera, quella degli emarginati, degli ultimi. La sua pasoliniana sensibilità, unita al raffinato virtuosismo musicale di utilizzare un dialetto rude e poco attraente come fosse poesia, hanno fatto di Gipo un cantautore unico nel suo genere, insostituibile, contraddistinto da una visione comica del tragico che dissacrava una città operaia che “spegne le risate”, ma che tocca nel profondo anche il più abbietto dei gargagnan, e tiene legati a sé i suoi figli (la citazione iniziale da Pavese non è casuale).

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