“Suntan” di Argyris Papadimitropoulos

L’isola di Antiparos, in piena stagione turistica, è una piccola oasi dove la gioventù è regina. Le spiagge sono gremite di gruppi di ragazzi il cui unico pensiero è vivere la giornata e godersi la frenesia estiva. Corpi tonici, abbronzati, nudi. Come quello di Anna. In paese la mole di lavoro è aumentata per i commercianti e anche per Kostis, il medico di base. Lui è sulla quarantina, è pallido e ha qualche chilo di troppo. Quando Anna, accidentalmente caduta dal motorino, invade la clinica con la sua vivace sensualità, Kostis ne rimane subito folgorato e non riuscirà più a togliersela dalla testa.

Argyris Papadimitropoulos dà vita al dramma di un uomo vicino alla mezza età che non ha il coraggio di affrontare il futuro perché non è stato capace di vivere il passato. Kostis, paralizzato in un presente asettico e monotono, vede nella giovinezza di Anna la possibilità di riscattare gli anni persi dietro ai progetti sbagliati. L’uomo inizia a trascurare i suoi doveri per seguire i folli ritmi della ragazza e del suo gruppo di amici e fa lentamente spazio a una versione di sé totalmente estranea alla sua indole fragile e solitaria, credendo di poter donare un nuovo vigore al suo corpo ormai decadente. L’attrazione per il fascino da spirito libero che caratterizza il personaggio di Anna è talmente forte che Kostis si dimostra cieco di fronte all’evidenza di essere vittima dei giochi narcisistici di lei. Il suo desiderio di possedere e godere della vitalità di un corpo nel fiore degli anni diventa un’ossessione. Perciò, in realtà, la vera vittima è Anna e Kostis ricopre il ruolo del carnefice.

Suntan
Makis Papadimitriou (Kostis) su una delle spiagge dell’isola di Antiparos

Il corpo lattiginoso, peloso e nascosto di Kostis risalta per la sua inadeguatezza nel contesto dorato, liscio e libero della spiaggia greca. L’insicurezza nei confronti della propria fisicità si manifesta nella contemplazione voyeuristica dei corpi nudi attorno a lui. Attraverso l’obiettivo di Papadimitropoulos il nudo acquista un’originale spontaneità primitiva. Il corpo è l’epicentro del terremoto di impulsi e repulsioni che fa crollare tutto ciò che incontra e lascia dietro sé solo la consapevolezza del tempo che passa e dell’inevitabile caducità della bellezza.

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