“Fixeur” (“The Fixer”) di Adrian Sitaru

Fixeur è un film su un dilemma morale: fino a che punto un giornalista può arrivare a indagare? E fino a che punto il giornalismo e l’informazione possono mostrare?

“Fixeur” viene chiamato il giornalista che, quando ha per le mani un colpo grosso, per accrescere il proprio guadagno e prestigio preferisce non scrivere personalmente un articolo, ma fare da intermediario per un altro giornalista straniero più importante. E’ quello che fa Radu (Tudor Istodor), aspirante giornalista che pur di affermarsi è disposto a calpestare i principi morali  dando la caccia ad una ragazza quattordicenne che è stata vittima della tratta delle minorenni, è stata rimpatriata da Parigi dove lavorava come prostituta ed ora ha denunciato chi l’aveva rapita e sfruttata.

Sitaru ha un approccio meno “pesante” e drammatico nei confronti della vicenda rispetto a Ilegitim (film girato parallelamente a questo). Il linguaggio è convenzionale, ma sono evidenti alcuni elementi caratteristici del linguaggio e dello stile del regista romeno, come ad esempio l’uso dello zoom.

Nel cinema di Adrian Sitaru ci si imbatte in sequenze apparentemente slegate dal flusso narrativo, ma ricche di valore metaforico, come quella dell’arto fantasma: un personaggio secondario parla di una mano che può prendere a schiaffi una persona, o accarezzarla e prendersi cura di lei. L’idea di questa sequenza deriva dall’incontro del regista con un medico indiano che curava gli arti fantasmi utilizzando gli specchi. Non manca uno sviluppo ironico di questo elemento tematico nella scena della masturbazione di un uomo privo di una mano.

L’ironia cerca di smorzare i toni espressivi del film in vari momenti della narrazione. Si pensi ad esempio alla sequenza in cui i protagonisti appaiono affascinati dalla bellezza della campagna rumena e la riprendono con la telecamera, mentre due contadini spalano sterco di vacca guardano in macchina.

Anche in questo film ritornano tematiche care a Sitaru, come il rapporto tra diverse generazioni, la violenza fisica e psicologica, i maltrattamenti e l’abuso. Nel finale abbiamo la redenzione del protagonista che pare determinata più dal trascorrere del tempo e dall’imporsi di nuovi punti di vista che da una sincera ammissione di colpa.

 

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