“A Crackup at the Race Riots” di Leo Gabin

Leo Gabin è un collettivo belga il cui nome  è l’unione delle iniziali  dei nomi dei tre artisti che lo compongono. Un’unica entità a rappresentanza di tutti. Al centro del loro interesse c’è la transmedialità digitale. I Leo Gabin, oltre a occuparsi di arte visuale “tradizionale” e di installazioni, raccolgono materiale video, prevalentemente proveniente dal web, rielaborandolo attraverso un uso alquanto originale del found footage.

La sezione Onde ha incluso quest’anno due loro film: Exit/Entry e A Crackup at the Race Riots. Il primo è il racconto di una giornata (lunga nove anni!) di Bonnie Calcagno. Una donna di mezza età, di cui udiamo solamente la voce, che ha caricato online più di tremila video girati con il suo cellulare, lunghi dagli otto ai venti secondi, con lo scopo di mostrare le persecuzioni di cui si sente vittima. Pur rendendosi conto dello stato mentale particolare della donna, che soffre evidentemente di paranoia, lo spettatore non può far altro che ammettere che quello che lei vede “esiste” davvero: cani che la fissano, luci, auto rosse e persone vestite dello stesso colore che si trovano sempre nei luoghi che lei frequenta. Una vicenda umana triste, angosciosa, un’esperienza che lascia  lo spettatore stranito e pieno di interrogativi.

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Crackup at the race riots

Il secondo film invece – adattamento del libro di Harmony Korine – è un succedersi di immagini e video provenienti dalla rete, manipolati e montati con testi e musica discrepanti tra loro. Un’opera tesa a denunciare il non-sense dei tempi in cui viviamo, in cui tutto ciò che accade sembra avere una potenzialità spettacolare o un qualche interesse. Soprattutto tra  giovani e giovanissimi che, annoiati, condividono qualsiasi tipo di immagine,  o anche solamente il proprio respiro, come accade in uno dei video usati. Una maniera del tutto diversa di aggirare la noia rispetto a quella dei Rebels Without a Cause di Nicholas Ray, ma forse altrettanto pericolosa.

La reazione del pubblico è stata alquanto variegata, con molti spettatori che si sono alzati e se ne sono andati nel corso della proiezione.  Una reazione che i registi, presenti in sala, probabilmente avevano messo in conto di provocare. Questi, interrogati su una possibile distribuzione dei due film in Europa, hanno dichiarato che per il momento non è stata presa in considerazione. I film infatti sono stati pensati come opere video-artistiche destinate quindi ad ambienti che ospitano arte contemporanea. Questa risposta potrebbe risolvere  molti dei dubbi sorti durante la proiezione, ma occorrerà del tempo per metabolizzare la provocazione dei Leo Gabin: quanto siamo disposti ad abbandonare del tutto trama, attori e  personaggi? E, infine, è davvero questo ciò che le immagini sono destinate a veicolare in futuro?

 

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