“Tshweesh” di Feyrouz Serhal

In Brasile mancano pochi minuti all’inizio dei mondiali FIFA e dall’altra parte del mondo, a Beirut, fervono i preparativi per il grande evento. Gli appassionati sono in fibrillazione, sui balconi sventolano le bandiere e la voce del telecronista arabo scandisce il passare degli attimi.

È già tutto pronto, quando una strana interferenza disturba il segnale. I tifosi si precipitano sui tetti, smontano e rimontano le antenne, le ruotano, le inclinano, tentano di orientarle nella giusta direzione ma ogni sforzo è inutile. Le frequenze sembrano schermate.

All’improvviso, un violento frastuono di bombe irrompe nell’aria e il boato degli aerei israeliani in volo sul Libano squarcia il cielo. Il rumore è forte, ma le esplosioni sembrano lontane. Chi già era sui tetti vi rimane, gli altri vi si inerpicano sospinti dalla curiosità.

In appena 26 minuti Feyrouz Serhal costruisce una narrazione pregnante, visionaria, peculiare sia nello stile che nei significati. L’occhio della giovane regista libanese si aggira nello skyline di una Beirut postmoderna, indagando le architetture dei grattacieli, studiando lo spazio ritagliato dai tetti dei palazzoni. Il suo è uno sguardo aereo, verticale, che penetra nell’apparente discrezione dei ballatoi e cattura l’intimità di un bacio, i giochi di due ragazzini, la quotidianità domestica di una famiglia.

Tshweesh non ha protagonisti, è un affresco corale. Al centro del racconto v’è Beirut e la sua umanità ingenua, innocua, si direbbe quasi sprovveduta, che tenta invano di sintonizzarsi con un mondo in festa dal quale rimane però irrimediabilmente esclusa, emarginata.

Rinchiusa nel suo isolamento, alla città non resta che osservarsi dall’alto, placida e mansueta, mentre il fischio delle bombe israeliane regala l’unico svago possibile.

Cura formale, visione d’autore e un sottile gusto per il surreale. Con questo tris dunque Feyrouz Serhal firma un lavoro arguto e degno di attenzione, col merito di aver portato sul grande schermo le immagini e le suggestioni di una terra che, pur geograficamente vicina, continua a sembrarci purtroppo ancora molto lontana.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *