“Butterfly” di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman

Gli antichi greci vedevano i loro migliori atleti come degli eroi, elogiavano ed elevavano quegli uomini rispetto alla massa, e gli artisti li cantavano in ogni modo: dall’esaltazione della perfezione dei corpi, rappresentata nelle statue, all’elogio delle loro gesta sportive nei componimenti, come quelli delle Olimpiche di Pindaro. Questa esaltazione cresceva con la consacrazione dell’atleta nella vittoria in una delle discipline sportive praticate proprio nelle Olimpiadi, manifestazione giunta fino a noi e alla quale, tutt’oggi, il mondo intero conferisce enorme importanza.


Dal XV sec. a.C. ad oggi, in fondo, non è cambiato molto: ottenere anche una medaglia di bronzo alle Olimpiadi è, per un atleta, la consacrazione di una carriera fatta di fatica, sacrifici, difficoltà; seguire da vicino la vita di un futuro campione risulta sempre interessante e Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman hanno saputo, con grande maestria, raccontare la carriera turbolenta ed emblematica di Irma Testa.
Butterfly, documentario prodotto da Indyca, ha il pregio di avere una sceneggiatura che, seppur tratta dalla vita reale, è così avvincente da apparire una narrazione di fiction. L’eroe classico ci ha abituati all’ascesa e trionfo dei propri sogni, perché, infondo, se si è diligenti, se si crede nelle proprie possibilità, tutto può accadere; ecco che la pugilessa protagonista diventa una perfetta eroina moderna, che assaggia il successo per poi però sprofondare in un declino apparentemente senza possibilità di redenzione.

Nativa di Torre Annunziata, comune segnato da problemi economici e sociali, Irma Testa ha trovato nella boxe la valvola di sfogo e l’occasione di riscatto per se stessa e per la sua famiglia, vessata dall’abbandono del padre e da una condizioni economiche difficili.
I registi incontrano Irma a soli sedici anni e, colpiti dal suo modo di pensare e agire, decidono di scommettere su di lei seguendola nella sua carriera pugilistica, dando vita a un sorprendete e coinvolgente documentario. Il film era inizialmente incentrato sulla figura di Irma quale prima pugilessa italiana a ottenere un posto alle Olimpiadi, ma, successivamente, il film non può non concentrarsi sulla “caduta” dell’eroina. Sfruttando il mancato ottenimento del podio, i registi decidono infatti di indagare sul lato oscuro del successo: cosa accade quando i riflettori si spengono? Quando, di colpo, anni e anni di sacrifici e di allenamenti sembrano diventare inutili e vani?
Con queste domante la telecamera di Cassigoli e Kauffman si addentra negli stretti vicoli di Torre Annunziata, offrendo allo spettatore sottotrame di denuncia economico-sociale su un’area geografica vessata da troppi problemi, sussunti negli occhi della protagonista e in quelli dei magnifici personaggi reali che le girano attorno: la madre, il fratello ed il suo primo allenatore.

Irma Testa, guadagnandosi la partecipazione all’Olimpiade di Rio 2016, viene ritratta dai numerosi media come la donna forte, come la guerriera pronta a vincere e ottonere finalmente il proprio riscatto, proprio come accade nelle storie di fantasia.
Concentrata e rigorosa negli allenamenti pugilistici, seguiti da un amorevole e anziano coach di quartiere, Irma non trova però il modo per affrontare questioni irrisolte con la madre né si è mai occupata del fratello, costretto a lavorare benché sia ancora minorenne. I successi personali ottenuti sul ring infatti ovattavano tutto e rendevano le sue giornate, come quelle dei suoi cari, più dolci, al solo pensiero di poter ottenere un qualche riscatto sociale.
La situazione inizia a incrinarsi con l’avvicinarsi delle gare olimpiche, quando all’ emozione e pressione si aggiungono le interviste che la fanno conoscere a livello nazionale ed iniziano a farle percepire il peso di un’eventuale sconfitta. In fondo, cos’è un eroe se non riesce a ottenere la propria vittoria? Ma, soprattutto, aver sprecato gli anni più belli della propria adolescenza, sacrificando amicizie, amori, serate di festa, a cosa sarebbe valso? E mentre i dubbi caricano di pesantezza le braccia di Irma, l’Italia, ma specialmente tutta Torre Annunziata, hanno gli occhi levati sulla sua impresa che, fragorosamente andrà a infrangersi sui pugni dell’avversaria. Si può dire che il documentario inizi proprio in quel momento, riuscendo a immortalare ciò che nessuno avrebbe mai potuto vedere: l’isolamento iniziale di Irma, afflitta dalla cattiveria dei social, poi scossa dal desiderio di cambiare vita con il progetto romantico ed estremo di andare a vivere ai limiti del mondo, lì dove nessuno può riconoscerla, per poi inseguire il desiderio di riconquistare quegli anni persi. Feste, amici, alcool, fumo, tutto ciò che le era negato per ottenere alte performance, lo vive, cercando di non ascoltare più quelle tante voci che le suggeriscono di non mollare, perché, in fondo, il pugilato è ormai parte della sua vita e fra le tante voci, c’è anche quella della sua coscienza.

Butterfly è un’indagine, realizzata con cura: dal montaggio, alla fotografia che disegna bene volti e luoghi, fino all’incredibile bravura recitativa che la macchina da presa è riuscita a estrapolare dai vari personaggi e che costituisce la vera grande forza di ogni documentario.

Quelle quattro corde del ring, confessa Irma Testa in una delle interviste pre Olimpiadi, le avevano sempre dato un senso di claustrofobia. Non le resta quindi che affrontare ogni sua più intima paura, per poi provare a riconquistare il sogno di ogni atleta, da quella Grecia antica ai giorni nostri. E con questa apertura sul futuro, i registi ci lasciano immaginare ciò che potrebbe avvenire, perché saranno sempre i giorni futuri ad essere i giudici più saggi, come scrive Pindaro in un suo componimento.

Un commento su ““Butterfly” di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman”

  1. la critica a questo documentario è commovente fa capire bene la situazione della ragazza non solo la realtà in cui vive ma come un atleta possa subire in negativo la troppa attenzione.

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