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“CHRISTINE – LA MACCHINA INFERNALE” DI JOHN CARPENTER

La 41ª edizione del Tff termina con la proiezione di Christine – La macchina infernale, horror del 1983 con cui Steve Della Casa decide di concludere i suoi due anni di direzione del festival. La scelta non è casuale: il film di John Carpenter fece parte, più di vent’anni fa, di una delle retrospettive dedicate ai cineasti americani poco compresi e un po’ snobbati dalla critica, come George Romero e John Milius. A quarant’anni dall’uscita nelle sale, Della Casa propone una lettura diversa di uno degli horror più riusciti e sottovalutati di Carpenter, tratto da uno dei romanzi più belli e trascurati di Stephen King. Un’opera rimasta in disparte, all’ombra dei film più noti del regista, come La cosa (The Thing, 1982) o Halloween (1978).

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“CHIUSURA” BY ALESSANDRO ROSSETTO

Article by: Cristian Cerutti

Translated by: Simone Gasparini

Reviewing Chiusura by Alessandro Rossetti twenty-one years after its release makes the analysis of the film even more arduous. Seeing a world that doesn’t exist anymore and sensing the awareness that the world itself had that it had reached a terminal stage – the end of a millennium and all the fears attached to it – generates in the viewer a mixture of anxiety and tenderness. There is love for a fading past but, concurrently, there is the awareness that not much has changed. Even years later, the province remains a swampy, stagnant place that is difficult to escape from but, through the cinematic image, it simultaneously gains a romantic and fascinating appeal. It is precisely the ability to show this double soul of the province and this gap between fading tradition and advancing modernity that makes Alessandro Rossetto’s cinema great. Chiusura, as said by the director himself, is a film that, years later, has become a reflection of the passing of time.

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The documentary, which has been restored by Istituto Luce under Rossetto’s supervision, follows the closure of Mrs. Flavia’s hair salon after 44 years of activity. The director, an anthropology graduate, carefully examines the small gestures of this world, the words of the inhabitants who inhabit it, and the conflicts which animate it. Alongside this world, there are others: the circus which comes to town and the local women’s soccer team. The observation of these worlds focuses in the same way on the imperceptible rituals and conflicts, and on the personal emotions of the people who inhabit them.

However, hovering over this microcosm is the winter fog, a constant element of the film, which amplifies the feeling of stillness and even of finality, namely the closure of a period that has come to its end. Nevertheless, what stands out is the beauty of these elements and real cinema’s ability to give charm to the things of ordinary life. The feeling of paralysis transcends and becomes beauty: personal gestures, words and speeches become captivating and fascinating in the eyes of the viewer.

Elapsed time thus amplifies the experience of viewing Chiusura, to which the reflections on time and the end of an era are added in retrospect to a period that has now passed, but whose emotions and feelings remain incredibly vivid.

“CHIUSURA” DI ALESSANDRO ROSSETTO

Rivedere a ventuno anni dalla sua uscita Chiusura di Alessandro Rossetto rende ancora più ardua l’analisi del film. Vedere un mondo che non c’è più, percepire la consapevolezza che esso stesso aveva di essere giunto a una fase terminale, la fine di un millennio e tutte le paure a esso annesse, genera nello spettatore un misto di ansia e tenerezza. C’è l’amore per un passato che sta svanendo ma, allo stesso tempo, la consapevolezza che non molto è cambiato. La provincia rimane a distanza di anni un luogo paludoso, stagnante, a cui è difficile fuggire ma che attraverso l’immagine cinematografica ha un richiamo romantico e affascinante. È proprio la capacità di mostrare questa doppia anima della provincia e questo scarto tra tradizione che svanisce e modernità che avanza a rendere grande il cinema di Alessandro Rossetto. Chiusura, come detto dallo stesso regista, è un film che a distanza di anni è diventato una riflessione sul tempo che passa.

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Il documentario, restaurato sotto la supervisione di Rossetto stesso dall’Istituto Luce, segue la chiusura del negozio di parrucchiera della signora Flavia dopo 44 anni di attività. Il regista, laureato in antropologia, osserva attentamente i piccoli gesti di questo mondo, le parole degli abitanti che lo abitano, i conflitti che lo animano. A questo mondo se ne affiancano altri: il circo che arriva in città e la squadra di calcio femminile locale. L’osservazione di questi mondi si concentra allo stesso modo sugli impercettibili riti e conflitti, sulle emozioni personali delle persone che li abitano.

Ad aleggiare su questo microcosmo è però la nebbia invernale, elemento costante del film, che amplifica la sensazione di staticità e pure di fine, di chiusura di un periodo giunto ormai al suo termine. A spiccare però è la bellezza di questi elementi e la capacità del cinema del reale di dare fascino alle cose della vita comune. La sensazione di paralisi trascende e diventa bellezza: i gesti, le parole e i discorsi personali divengono ammalianti e affascinanti agli occhi dello spettatore.

Il tempo trascorso amplifica quindi l’esperienza di visione di Chiusura, a cui la riflessione sul tempo e la fine di un’era si aggiunge la riflessione a posteriori su un periodo che ormai è trascorso, ma le cui emozioni e sensazioni rimangono ancora incredibilmente vivide.

Cristian Cerutti