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“L’économie du couple” (“After Love” – “Dopo l’amore”) di Joachim Lafosse – Conferenza stampa

Nella penultima giornata di appuntamenti per la stampa, Joachim Lafosse ha parlato con Bruno Fornara del suo L’économie du couple, presentato alla 34ª edizione del Torino Film Festival nella sezione Festa Mobile.

L’économie du couple racconta di una coppia separata che vive sotto lo stesso tetto, ma non ci viene dato sapere perché il legame tra i due amanti si sia spezzato. “Non si sa mai il vero motivo della rottura di una relazione”, commenta il regista, “e perciò ho voluto lasciare lo spazio allo spettatore di intuire quali siano le ragioni che hanno portato i due personaggi al punto di rottura. Tuttavia è commovente notare come il denaro sia la questione sulla quale si anima la maggior parte delle discussioni, quando in realtà si litiga su questo argomento perché c’è sofferenza per il mancato riconoscimento da parte del partner di quanto si è fatto e si è dato all’interno della coppia. È altrettanto doloroso notare che sono sempre più frequenti i casi di coppie che evitano di separarsi perché non c’è la possibilità di sostenere l’affitto mensile di un nuovo alloggio”.

Joachim Lafosse
Joachim Lafosse

Cédric Kahn e Bérénice Béjo, il lui e la lei della coppia di Joachim Lafosse, sono nel film genitori di due graziose gemelle, le quali sono speculari rispetto alla coppia in crisi. “Ciascuno di noi, quando è all’inizio di una relazione”, comincia a spiegare Joachim, “sente una sorta di istinto verso una fusione, una costruzione di un rapporto gemellare e simbiotico. Se due persone diventano i genitori di una coppia gemelli, inevitabilmente si troveranno a confrontarsi con quello che non riusciranno mai ad essere, cioè una fusione assoluta”. Nel corso del film si nota, infatti, che la progressiva unione delle gemelline va di pari passo con la separazione dei due genitori.

L’économie du couple parla soprattutto della gestione della casa. Non a caso il titolo contiene la parola economia, la quale deriva dal greco e significa, per l’appunto, casa, inteso anche come beni di famiglia. In una delle sequenze del film il personaggio interpretato da Cédric Kahn spiega ad una delle sue bambine che cosa significa ricchezza. Al di là del denaro, di chi ne ha e di chi non ne ha, la ricchezza propriamente detta è quella culturale. Il personaggio di Bérénice Béjo è, però, incapace di vedere e ricordare l’arricchimento che il suo ex compagno ha dato nell’ambito coniugale e familiare, dando importanza unicamente all’aspetto materiale.
“Sono stato molto chiaro con Mazarine Pingeot, lo sceneggiatore, sul ruolo dell’ambiente casalingo”, conclude Joachim Lafosse. “Volevo che il pubblico percepisse chiaramente che in quel luogo fosse stato distrutto un amore”.

 

“Suntan” di Argyris Papadimitropoulos

L’isola di Antiparos, in piena stagione turistica, è una piccola oasi dove la gioventù è regina. Le spiagge sono gremite di gruppi di ragazzi il cui unico pensiero è vivere la giornata e godersi la frenesia estiva. Corpi tonici, abbronzati, nudi. Come quello di Anna. In paese la mole di lavoro è aumentata per i commercianti e anche per Kostis, il medico di base. Lui è sulla quarantina, è pallido e ha qualche chilo di troppo. Quando Anna, accidentalmente caduta dal motorino, invade la clinica con la sua vivace sensualità, Kostis ne rimane subito folgorato e non riuscirà più a togliersela dalla testa.

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“Animal político” (“Political Animal”) di Tião

“Io sono il monolito. Sono un blocco di fredda roccia nera eretto in mezzo al deserto. Noi siamo un bosco di eucalipto. Chi ci guarda da lontano ci vede uno accanto all’altra, ma se il nostro osservatore si avvicina, si accorgerà che siamo più distanti di quanto crede”.  Così termina il flusso di coscienza del bovino di Tião alla fine di un viaggio surreale colmo di interrogativi irrisolti, ai quali, forse, non c’è risposta.

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“Yoga Hosers” di Kevin Smith

Due giovani ragazze combattono un esercito di nazisti con le sembianze di würstel a suon di posizioni di yoga dopo che questi si sono agglomerati in una brutta copia di Jason di Venerdì 13. Dopo aver ridotto la creatura dell’orrore ad una poltiglia di cheddar, si disperano per non avere con sé i loro smartphone per immortalare l’evento. Questo è Yoga Hosers di Kevin Smith. Questo è il portabandiera del nuovo volto degli Z-movies: budget ad ampio respiro, un cast gremito di nomi rilevanti nell’industria cinematografica americana e particolare cura del filmico e del profilmico.

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