Archivi categoria: Torino Film Festival

“RIDE” DI VALERIO MASTANDREA

Probabilmente soltanto Valerio Mastandrea poteva intitolare Ride un film sul dolore e sul lutto: un titolo che proprio per questo diventa caustico e – come egli stesso ha affermato in conferenza stampa – anche un po’ troppo paradossale. Soprattutto considerato che la protagonista Carolina ride pochissimo in quei novanta minuti di buio e, anzi, se non fosse per quello che le (e ci) viene detto dagli altri personaggi, non la vedremmo ridere quasi per niente.

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“4 BÂTIMENTS, FACE À LA MER” DI PHILIPPE ROUY

Dell’affascinante sezione di documentari del TFF, intitolata “Apocalisse”, fa parte 4 Bâtiments, face à la mer, documentario atipico che sfrutta le registrazioni perpetue di una webcam installata all’interno della centrale nucleare di Fukushima. Philippe Rouy, con queste immagini, realizza un film che offre allo spettatore diversi spunti di riflessione, in particolare sulla definizione e sul concetto stesso di apocalisse.

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“THE MAN WHO STOLE BANKSY” BY MARCO PROSERPIO

Article by: Laura Barbella

Translation by: Melania Petricola

Bodybuilder, taxi driver, thief and art dealer: Walid called The Beast is the first person that the director Marco Proserpio met after crossing the checkpoint from Jerusalem to Bethlehem. Along the way the huge taxi driver told him about how he carried off four tons of cement from the artwork Donkey with the Soldier by Banksy and how he put it up for auction on eBay for 100.000$.

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“THE MAN WHO STOLE BANKSY” DI MARCO PROSERPIO

Bodybuilder, tassista, ladro e mercante d’arte: Walid detto The Beast è la prima persona che il regista Marco Proserpio ha incontrato dopo aver attraversato il checkpoint da Gerusalemme a Betlemme. Durante il tragitto l’enorme tassista gli ha raccontato di come ha asportato quattro tonnellate di cemento con l’opera Donkey with the Soldier di Banksy e le ha messe all’asta su Ebay per 100.000$.

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“L’OSPITE” DI DUCCIO CHIARINI

Verte sulla precarietà questo “romanzo di formazione fuori tempo massimo”, come l’ha definito il regista stesso, che indaga il dissidio tra età biologica e psicologica. Duccio Chiarini arriva a Torino con il suo secondo film, L’ospite, compreso tra i titoli della sezione Festa Mobile del Torino Film Festival e accolto con calore dal pubblico in sala.

Un racconto equilibrato che mescola sapientemente ironia e dramma mostrando il “viaggio” di Guido, ricercatore universitario sulla soglia dei quaranta costretto a ricomporre i pezzi della propria esistenza dopo una relazione fallita.

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“IL MANGIATORE DI PIETRE” DI NICOLA BELLUCCI

Cesare (Luigi Lo Cascio) cammina col passo fermo della gente di montagna, come se le pietre le mangiasse coi piedi. Ha lo sguardo duro di chi sulle montagne ci è nato, di chi non saprebbe vivere altrove, di chi dalla montagna è stato scolpito. Continua la lettura di “IL MANGIATORE DI PIETRE” DI NICOLA BELLUCCI

“ALL THESE SMALL MOMENTS” BY MELISSA B. MILLER

Article by: Cristina Danini

Translation by: Silvia Fontana

Howie (Brendan Meyer) is sixteen years old and he’s at mercy of his life.  His parents want to divorce, or so it seems, and at school a classmate of his brother shows interest in him, but he only has eyes for the beautiful girl he takes the bus with. They have never talked to each other, she is older and he is very clumsy, but when their eyes meet, they both smile. Continua la lettura di “ALL THESE SMALL MOMENTS” BY MELISSA B. MILLER

“ALL THESE SMALL MOMENTS” DI MELISSA B. MILLER

Howie (Brendan Meyer) ha sedici anni ed è in balìa della sua vita. I genitori vogliono divorziare, o almeno così sembra, a scuola una compagna di suo fratello dimostra interesse per lui, che però non ha occhi che per la ragazza bellissima con cui prende sempre l’autobus. Non si sono mai parlati, lei è più grande e lui così impacciato, ma quando i loro sguardi si incrociano, sorridono entrambi. Continua la lettura di “ALL THESE SMALL MOMENTS” DI MELISSA B. MILLER

“BULLI E PUPE” DI STEVE DELLA CASA E CHIARA RONCHINI

Se gli anni Sessanta, tema del documentario precedente di Steve Della Casa, Nessuno mi può giudicare (2016), sono entrati con maggiore forza nell’immaginario collettivo, gli anni Cinquanta si presentano ancora, ai più, come un periodo caotico, tutt’al più semplificabile in un schema dicotomico, tra Partito Comunista Italiano e Democrazia Cristiana, tra URSS e USA. La forza di Bulli e pupe consiste proprio nel cercare di abbattere questa divisione per provare a vedere oltre, concentrandosi sui veri protagonisti di questa stagione: i giovani.

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“IFIGENIA IN AULIDE” DI TONINO DE BERNARDI

Vi sono infiniti modi di accostarsi alla trasposizione cinematografica di una tragedia greca, ma quello adottato dal regista piemontese Tonino De Bernardi si è sempre distinto, a partire da Dèi del 1968 e da Elettra del 1987, per lo stretto legame con la realtà. Nel caso di questo lungometraggio, inserito non casualmente nella sezione Onde del Torino Film Festival, la realtà è la vera e propria protagonista della tragedia, e si manifesta attraverso le riprese effettuate da De Bernardi in diversi luoghi e tempi.

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“BLAZE” BY ETHAN HAWKE

Article by: Maria Cagnazzo

Translation by: Giulia Maiorana

The description of someone’s life through words and musical notes. This is Blaze, a film by Ethan Hawke, presented in the Festa Mobile section at the 36th Torino Film Festival. It is the story of the country singer Blaze Foley, who died at the age of 40 because of his extreme dissoluteness, or for his audacity.

The narration is a constant coming and going between past and present, as a matter of fact it unravels in three different time-frames: Blaze’s life with his muse before success; the singer after Sibyl; friends who talk about him on the radio after his death.

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“BLAZE” DI ETHAN HAWKE

Il racconto di una vita attraverso le parole e le note della musica. Questo è Blaze, film di Ethan Hawke presentato nella sezione Festa Mobile del 36º Torino Film Festival. È la storia del cantante country Blaze Foley, morto all’età di 40 anni per la sua troppa dissolutezza, o per il suo troppo coraggio.

La narrazione è un continuo andirivieni tra il passato ed il presente, si dipana infatti su 3 piani temporali differenti: la vita di Blaze prima del successo, insieme alla sua musa; il cantante dopo Sybil; gli amici che lo raccontano alla radio in seguito alla sua morte.

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“BLUE AMBER” DI JIE ZHOU

Vivendo un’epoca che pretende di monetizzare ogni cosa, assistendo alla perdita di terreno dei sentimenti e dei valori umani a vantaggio della brama del denaro e dei beni di consumo, il giovane Jie Zhou, talentuoso cineasta esordiente, si pone un quesito schietto e problematico: Quanto vale una vita?

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“UNAS PREGUNTAS” BY KRISTINA KONRAD

Article by: Fulvio Melito

Translation by: Cristiana Manni

In 237’ of pleasant and interesting interviews, Kristina Kondrad’s documentary, Unas preguntas wants to narrate the identity of Uruguayan people, tormented and, at the same time, tired from years of poverty and dictatorial and military governments, as well as its will to live freely. The opportunity to describe what was happening on the streets with a microphone and a camera arrived in 1987. At that time began the first demonstrations, which asked the Government the abrogation of amnesty to those soldiers who during the dictatorship were convicted of many crimes like the torture and kidnap of several people. From these waves of protest came the director’s will of acting as a catalyst of ordinary citizens’ thoughts. She intentionally avoids the names of politicians, writers, distinguished people and with lively curiosity walk through streets, squares and markets, looking for answers for the numerous questions, beginning every interview with: «What is peace for you? ». Peace was the word disputed between the right and the left alliance. It was what politics promised to a tired population, both with the maintenance of impunity law and with its abrogation. In a centrifuge of election propaganda, most people had their own concept of peace and everyone wanted it.

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“UNAS PREGUNTAS” DI KRISTINA KONRAD

Unas preguntas, documentario di Kristina Konrad, vuole raccontare in 237’ di piacevoli e interessanti interviste, l’identità del popolo uruguaiano, tormentato e al contempo stanco di anni di povertà e di governi dittatoriali e militari, nonché la sua voglia di vivere liberamente.
L’occasione per scendere in strada con un microfono e una macchina da presa, arriva nel 1987 quando iniziano le prime manifestazioni popolari che chiedono al governo l’abrogazione dell’amnistia verso quei militari che, durante la dittatura, si macchiarono dei più svariati reati, fra cui la tortura e il rapimento di numerose persone. Proprio da queste ondate di proteste nasce la voglia della regista di mettersi in gioco e fungere da catalizzatore dei pensieri dei cittadini comuni. Evita volutamente i nomi di politici, scrittori, personaggi illustri e con curiosità viva attraversa le strade, le piazze, i mercati, alla ricerca di risposte per le sue numerose domande che seguono quella principale, quella con cui ogni intervista comincia: «Cos’è la pace per lei?» Pace era la parola contesa dagli schieramenti di destra e di sinistra, era ciò che la politica prometteva a quel popolo stanco, sia con il mantenimento della legge dell’impunità che con la sua abrogazione. In una centrifuga di propaganda elettorale, quasi tutti avevano il proprio concetto di pace e tutti la desideravano.

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“NUEVA ERA” DI MATTI HARJU

Notte. Camera fissa su un paesaggio post industriale con binari e luci a intermittenza. Fin dall’incipitNueva Era non è disposto a scendere a compromessi con lo spettatore, non introduce a una narrazione, anzi, non è interessato a farlo. Nei pressi di un bosco, due amici, uno dei quali è l’artista finlandese Matti Harju, fumano tabacco da rolling. Da qui le immagini, alternate a repentini stacchi e rallentamenti, si fanno flusso, difficilmente controllabile e vicino a certe opere di videoarte, spaziando da parcheggi di centri commerciali e vecchi depositi d’auto a interni di fredde camere e sale da bowling. C’è anche una enigmatica figura femminile il cui sguardo è spesso sfuggente, negato agli spettatori dal buio o dai lunghi e scuri capelli. Continua la lettura di “NUEVA ERA” DI MATTI HARJU

“ANGELO” BY MARKUS SCHLEINZER

Article by: Annagiulia Zoccarato

Translation by: Daniele Gianolio

“To accept your role in life or to rise up against it?” Angelo, the main character of Markus Schleinzer’s film competing in Torino 36, must answer this rhetorical question.

What is his role in life? Angelo was torn off from his family and land and was sold as a slave in Europe. A countess decided to buy him in order to turn the poor kid into some sort of living educational experiment. Therefore one might say that he was luckier than the average of his fellow slaves. But is it really so? The movie is set at the dawn of the 18th century, when the so-called “white man’s burden” sort of feeling was widely spread across Europe. According to it, the white, acting like a savior, would take upon himself the mission of bringing civilization to those savage and barbaric tribes and to those men who were considered as “godless, unaccustomed to hard work and born to be enslaved”. Angelo receives the upper-class upbringing, focused on music, arts and the Christian religion, and lives the well-fixed life of the nobility. However, he will never be regarded as equal by his own peers. Despite playing an important role at the Viennese court, for his entire life he will have to suffer because of the more or less subtle racism of those around him.

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“ANGELO” DI MARKUS SCHLEINZER

“Accettare il proprio ruolo nella vita o ribellarsi?” È questa la domanda retorica che viene posta ad Angelo, protagonista dell’omonimo film di Markus Schleinzer in concorso a Torino36.

Ma qual è il suo ruolo? Angelo è stato strappato alla sua famiglia e alla sua terra per essere venduto come schiavo in Europa. Forse meno sfortunato di altri (ma è poi davvero così?), Angelo è stato accolto da una contessa per diventare una sorta di esperimento educativo vivente. Sono gli albori del XVIII secolo e l’atteggiamento che in seguito sarà definito fardello dell’uomo bianco è già ampiamente diffuso. Ed ecco quindi che l’uomo bianco e salvatore fa propria la missione di portare la civilizzazione a popolazioni barbare e indigene, a quegli “uomini nati schiavi, senza voglia di lavorare e senza Dio.” Angelo crescerà educato all’arte, alla musica, alla religione cristiana; vivrà una vita agiata, ma non sarà mai accettato come pari. Avrà un importante ruolo alla corte viennese ma per tutta la vita sarà costretto a subire il razzismo, più o meno latente, di coloro con cui si confronterà.

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