“ATTO DI FEDE” DI VITTORIO ANTONACCI

Dopo aver conosciuto i componenti di una banda da giro, ossia una banda musicale itinerante che suona alle feste religiose con processione, in occasione della realizzazione di un breve documentario intitolato Come sopravvivere alla banda, il regista Vittorio Antonacci ha sentito il bisogno di espandere l’indagine attorno alle professionalità itineranti che si sviluppano attorno alle feste patronali e più in generale religiose.

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“PORTA CAPUANA” BY MARCELLO SANNINO

Article by: Fulvio Melito

Translation by: Melania Petricola

The door is a multi-symbolic element, a self-assured space between the inside and the outside, it is a limit, an obstacle or a symbol of welcome and transition, a symbol of change. Marcello Sannino, around 2010, decides to talk about Naples and he does it by putting at the centre of his project Porta Capuana; he does not know yet what will be the outcome of the film but what he has for sure is the idea to try to represent Naples and its several peculiarities. Faces, objects, social gatherings, music, screams and laughter; everything passes through that monument which has always been a symbol of transition towards the heart of the city.  Staying nearby you can admire the everyday life that changes but that at the same time, perpetuates the usual routine.

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“PORTA CAPUANA” DI MARCELLO SANNINO

La porta è un elemento multisimbolico, uno spazio franco fra il dentro e il fuori, un limite, un ostacolo, oppure un simbolo d’accoglienza e di transizione, di mutamento. Marcello Sannino, intorno al 2010, decide di raccontare Napoli e lo fa ponendo al centro del suo progetto Porta Capuana; non sa ancora di preciso quale sarà l’esito finale del film, ma ciò che ha per certo è l’idea di tentare di rappresentare Napoli e le sue svariate peculiarità. Volti, oggetti, momenti di aggregazione, musica, urla e risate; tutto passa da quel monumento che da sempre si erge come simbolo di transizione verso il cuore della città; restando nei suoi paraggi si può ammirare il tempo della quotidianità che muta, ma che, contemporaneamente, dente perpetua la solita routine.

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LUCIANO TOVOLI: L’USO DEL TECHNICOLOR E I MAESTRI POWELL E PRESSBURGER

Ogni anno il Torino Film Festival in collaborazione con il DAMS dell’Università degli Studi di Torino organizza un incontro con una figura rilevante della storia della cinematografia italiana. Quest’anno è stata la volta di uno dei più illustri direttori della fotografia: Luciano Tovoli. Presenta Emanuela Martini e al tavolo insieme a Tovoli, siedono Franco Prono e Piercesare Stagni. La sala è gremita e la masterclass non tradisce le attese. Continua la lettura di LUCIANO TOVOLI: L’USO DEL TECHNICOLOR E I MAESTRI POWELL E PRESSBURGER

“PIERCING” DI NICOLAS PESCE

Dopo The Eyes of My Mother, il newyorkese Nicolas Pesce, classe 1990, torna sul grande schermo con Piercing, tratto dall’omonimo romanzo di Ryū Murakami. Il film, thriller/horror con venature da dark comedy, racconta la storia di Reed, padre di famiglia e aspirante serial-killer, deciso a sfogare la propria maniacale inclinazione su una prostituta che si rivela più fuori di testa di lui. Nasce così un macabro gioco che inverte continuamente i ruoli all’interno della coppia, in uno scambio compulsivo tra vittima e carnefice.

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“RAGAZZI DI STADIO, QUARANT’ANNI DOPO” DI DANIELE SEGRE

“Non sono un delinquente: sono un ultras. I delinquenti fanno le rapine, io faccio gli scontri.”
A parlare è il Capo Guerra dei Drughi, il gruppo ultras juventino che regna nel secondo anello della curva Scirea, all’Allianz Stadium di Torino. Seduto sulla sua poltrona nella sede del gruppo in via Tiepolo – da dove segue le partite attendendo la fine della sua diffida – il Capo Guerra spiega quali sono le sue mansioni e rimarca l’importanza che ha, nell’organizzazione del gruppo, rispettare il proprio ruolo.

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“IN QUESTO MONDO” BY ANNA KAUBER

Article by: Marco De Bartolomeo

Translation by: Maria Elisa Catalano

A quiet clearing in the mountais, the tinkling of cowbells, a shepherd playing the violin near the flock. It might seem to be an idyll, a fiction, a delicate literary landscape like the one that we find in Virgilio’s Bucoliche, or from Tasso’s Aminta; but here, the mountains are in Veneto, the sheep are called by their names and the shepherd is actually a girl who has preferred pastoralism to the passion for music.

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“IN QUESTO MONDO” DI ANNA KAUBER

Una tranquilla radura di montagna, il tintinnare dei campanacci, un pastore che suona il violino vicino al suo gregge. Potrebbe sembrare un idillio, una finzione, un delicato paesaggio letterario come quello delle Bucoliche di Virgilio o dell’Aminta di Tasso; se non fosse che qui le montagne sono quelle del Veneto, le pecore sono chiamate per nome e il pastore, in realtà, è una ragazza che alla passione per la musica ha preferito la pastorizia.

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“CASSANDRO, THE EXOTICO!” BY MARIE LOSIER

Article by: Beatrice Ceravolo

Translation by: Zoé Kerichard-Giorgi

The relationship between a documentarian and the subjects he films is fundamental for the success of a project: in the case of Marie Losier and Cassandro, personalities of the lucha libre and protagonists of this movie contending for the TFFDoc/International section, we witness a still strong friendship, born six years ago.  Continua la lettura di “CASSANDRO, THE EXOTICO!” BY MARIE LOSIER

“CASSANDRO, THE EXOTICO!” DI MARIE LOSIER

Il rapporto tra un documentarista e i soggetti che filma è fondamentale per la buona riuscita di un progetto: nel caso di Marie Losier e di Cassandro, personalità della lucha libre e protagonista di questo film in concorso per la sezione TFFDoc/Internazionale, ci troviamo di fronte a un’amicizia nata sei anni fa e che continua tuttora. Continua la lettura di “CASSANDRO, THE EXOTICO!” DI MARIE LOSIER

“OIKTOS” BY BABIS MAKRIDIS

Article by: Cristian Viteritti

Translation by: Silvia Fontana

People respond in different ways to accidents, tragedies or griefs: those who directly experiences them are immerged in contrasting feelings of denial and anger, which gradually transform into acceptance. Whereas those who are not affected by pain try to support the former, showing compassion and trying to lighten the pain of those who suffer.

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“OIKTOS” DI BABIS MAKRIDIS

Le persone reagiscono in modi diversi a incidenti, tragedie e lutti: chi li vive in prima persona è immerso in contrastanti sentimenti di negazione e di rabbia, destinati a trasformarsi gradualmente in accettazione. Gli altri, quelli che non sono colpiti dal dolore, cercano invece di supportare i primi, mostrando compassione, cercando di alleggerire la pena di chi soffre. Continua la lettura di “OIKTOS” DI BABIS MAKRIDIS

“BAD POEMS” DI GÁBOR REISZ

Quando Tamàs (Gábor Reisz) viene lasciato da Anna non riesce a farsene una ragione. Vaga per Parigi, torna a casa, a Budapest, ma non vuole parlarne con nessuno. Intorno a lui la vita scorre, la gente trova lavoro, fa figli, parla di politica; nessuno è in grado di capirlo, non davvero. Il suo dolore non è di nessun altro; tutto il resto non ha importanza, è come un film muto che va avanti senza di lui, come se Anna si fosse presa anche la sua vita, anche i ricordi di ciò che sono stati. Tamàs si sente perso, e forse ha davvero perso se stesso, come a tutti capita quando la fine di una storia ci piomba addosso inaspettata. Continua la lettura di “BAD POEMS” DI GÁBOR REISZ

“BAD POEMS” BY GÁBOR REISZ

Article by: Cristina Danini

Translation by: Alice Marchi

As Tamàs (Gábor Reisz) is left by Anna, he doesn’t seem able to accept it. He wanders around Paris and comes back to his hometown Budapest, but he doesn’t want to talk to anybody about it. Life around him goes on, people find jobs, have children and talk about politics, but no one seems to understand him, not for real. His pain is just his, and no one else’s. Tamàs feels trapped in a mute movie where everyone passes him by, as if Anna had taken his life and his happy memories away from him. Tamàs is lost and, maybe, he really did lost himself, like it always happens when the end of a love-story hits us unexpectedly. Continua la lettura di “BAD POEMS” BY GÁBOR REISZ

“HIGH LIFE” BY CLAIRE DENIS

Article by: Chiara Rosaia

Translation by: Luca Bassani

Deconstructing the concept of genre, emptying it of any previous framework, is Claire Denis’s well-established habit. This time, the French filmmaker decided to do so through science fiction, keeping in mind her usual trademark approach.

High Life tells the story of a group of convicts, lifers and death row inmates who choose to spend the rest of their lives in outer space: in exchange for a pardon, they need to take part in an overtly suicidal scientific experiment.

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“HIGH LIFE” DI CLAIRE DENIS

Decostruire l’idea di genere, svuotandola di qualsiasi inquadramento pregresso, è un’abitudine ormai consolidata da parte di Claire Denis. Per farlo, questa volta, la cineasta francese decide di confrontarsi con la fantascienza, senza abbandonare il proprio approccio autoriale.

High Life racconta la storia di un gruppo di galeotti, ergastolani e condannati a morte che scelgono per condonare la propria pena di trascorrere il resto delle proprie vite nello spazio, prendendo parte a un esperimento scientifico dichiaratamente suicida.

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“EL REINO” DI RODRIGO SOROGOYEN

Cene, yacht e vini costosi, ma non solo. Viene infatti portato all’attenzione dello spettatore un libro mastro che contiene i dati di attività politiche illecite legate al vicesegretario regionale Manuel Lopez Vidal (Antonio de la Torre) e ad alcuni membri del suo partito. Questa è la prima scena che incornicia a dovere l’immagine di una classe politica spagnola profondamente corrotta, che ormai da tempo grazie a questi illeciti conduce una vita più che agiata. Ma in seguito ad alcune indagini cominciano ad emergere casi di corruzione che coinvolgono Manuel ed alcuni suoi colleghi. Egli viene infatti scelto dal suo partito come capro espiatorio, i suoi complici lo abbandonano e dopo diverse intercettazioni e una perquisizione operata dalla polizia anche i media cominciano ad attaccarlo pesantemente, fomentando l’odio dell’opinione pubblica.

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“THE FIRST MOTION OF THE IMMOVABLE” BY SEBASTIANO D’AYALA VALVA

Article by: Gianluca Tana

Translation by: Daniele Gianolio

A deafening music that dazes the listener while at the same time brings him to a far and remote place, a man who claimed to be guided by the Daevas in the composition of his lyrics and who spent his entire life in a psychiatric hospital, heavily stigmatized by the music scene of his own time. In short, Giacinto Scelsi appears to be a character taken out from the pages of a story by H. P. Lovercraft. The documentary by Sebastiano d’Ayala Valva, a descendant of the composer, succeeds in overcoming this damnation memoriae by portraying a man aware of his own means, a precursor of his time who, as often happens to the great visionaries, is not acknowledged by his contemporaries and thus, disdained. Continua la lettura di “THE FIRST MOTION OF THE IMMOVABLE” BY SEBASTIANO D’AYALA VALVA

“IL PRIMO MOTO DELL’IMMOBILE” DI SEBASTIANO D’AYALA VALVA

Un musica turbante che schiaccia l’ascoltatore e al contempo lo trasporta in un altrove lontano e remoto, un uomo che dichiarava di essere guidato nella composizione dai Daeva e che ha trascorso svariati anni della sua vita in un ospedale psichiatrico, criticato dalla scena musicale coeva. Giacinto Scelsi sembrerebbe un personaggio uscito dalle pagine di un racconto di H.P. Lovecraft, ma il documentario di Sebastiano d’Ayala Valva, discendente del compositore, riesce a superare questa damnatio memoriae mostrandoci un uomo conscio dei propri mezzi, un precursore dei tempi che, come spesso accade ai grandi visionari, non viene compreso e per questo rifiutato.   Continua la lettura di “IL PRIMO MOTO DELL’IMMOBILE” DI SEBASTIANO D’AYALA VALVA

“IN FABRIC” DI PETER STRICKLAND

In Fabric si apre nel periodo dei saldi invernali, la festività per eccellenza di chi segue la religione del consumismo che, per chi ancora non lo sapesse, ha come luogo di culto il centro commerciale e venera tutto ciò che è in vendita. Il film presenta due diverse storie: quella di Sheila (Marianna Jean-Baptiste), afroamericana di mezza età in cerca dell’amore nelle sezioni dei giornali dedicate ai cuori solitari; e quella di Reg (Leo Bill), tecnico dall’aria nerd che si occupa di riparazioni di lavatrici. Il fil rouge che collega le due vicende è un vestito (rosso, non ho resistito al gioco di parole) maledetto, portatore di sventura e di morte nella vita di chiunque scelga di indossarlo.

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Il blog delle studentesse e degli studenti del Dams/Cam di Torino