“BULLI E PUPE” DI STEVE DELLA CASA E CHIARA RONCHINI

Se gli anni Sessanta, tema del documentario precedente di Steve Della Casa, Nessuno mi può giudicare (2016), sono entrati con maggiore forza nell’immaginario collettivo, gli anni Cinquanta si presentano ancora, ai più, come un periodo caotico, tutt’al più semplificabile in un schema dicotomico, tra Partito Comunista Italiano e Democrazia Cristiana, tra URSS e USA. La forza di Bulli e pupe consiste proprio nel cercare di abbattere questa divisione per provare a vedere oltre, concentrandosi sui veri protagonisti di questa stagione: i giovani.

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“IFIGENIA IN AULIDE” DI TONINO DE BERNARDI

Vi sono infiniti modi di accostarsi alla trasposizione cinematografica di una tragedia greca, ma quello adottato dal regista piemontese Tonino De Bernardi si è sempre distinto, a partire da Dèi del 1968 e da Elettra del 1987, per lo stretto legame con la realtà. Nel caso di questo lungometraggio, inserito non casualmente nella sezione Onde del Torino Film Festival, la realtà è la vera e propria protagonista della tragedia, e si manifesta attraverso le riprese effettuate da De Bernardi in diversi luoghi e tempi.

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“BLAZE” BY ETHAN HAWKE

Article by: Maria Cagnazzo

Translation by: Giulia Maiorana

The description of someone’s life through words and musical notes. This is Blaze, a film by Ethan Hawke, presented in the Festa Mobile section at the 36th Torino Film Festival. It is the story of the country singer Blaze Foley, who died at the age of 40 because of his extreme dissoluteness, or for his audacity.

The narration is a constant coming and going between past and present, as a matter of fact it unravels in three different time-frames: Blaze’s life with his muse before success; the singer after Sibyl; friends who talk about him on the radio after his death.

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“BLAZE” DI ETHAN HAWKE

Il racconto di una vita attraverso le parole e le note della musica. Questo è Blaze, film di Ethan Hawke presentato nella sezione Festa Mobile del 36º Torino Film Festival. È la storia del cantante country Blaze Foley, morto all’età di 40 anni per la sua troppa dissolutezza, o per il suo troppo coraggio.

La narrazione è un continuo andirivieni tra il passato ed il presente, si dipana infatti su 3 piani temporali differenti: la vita di Blaze prima del successo, insieme alla sua musa; il cantante dopo Sybil; gli amici che lo raccontano alla radio in seguito alla sua morte.

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“BLUE AMBER” DI JIE ZHOU

Vivendo un’epoca che pretende di monetizzare ogni cosa, assistendo alla perdita di terreno dei sentimenti e dei valori umani a vantaggio della brama del denaro e dei beni di consumo, il giovane Jie Zhou, talentuoso cineasta esordiente, si pone un quesito schietto e problematico: Quanto vale una vita?

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“UNAS PREGUNTAS” BY KRISTINA KONRAD

Article by: Fulvio Melito

Translation by: Cristiana Manni

In 237’ of pleasant and interesting interviews, Kristina Kondrad’s documentary, Unas preguntas wants to narrate the identity of Uruguayan people, tormented and, at the same time, tired from years of poverty and dictatorial and military governments, as well as its will to live freely. The opportunity to describe what was happening on the streets with a microphone and a camera arrived in 1987. At that time began the first demonstrations, which asked the Government the abrogation of amnesty to those soldiers who during the dictatorship were convicted of many crimes like the torture and kidnap of several people. From these waves of protest came the director’s will of acting as a catalyst of ordinary citizens’ thoughts. She intentionally avoids the names of politicians, writers, distinguished people and with lively curiosity walk through streets, squares and markets, looking for answers for the numerous questions, beginning every interview with: «What is peace for you? ». Peace was the word disputed between the right and the left alliance. It was what politics promised to a tired population, both with the maintenance of impunity law and with its abrogation. In a centrifuge of election propaganda, most people had their own concept of peace and everyone wanted it.

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“UNAS PREGUNTAS” DI KRISTINA KONRAD

Unas preguntas, documentario di Kristina Konrad, vuole raccontare in 237’ di piacevoli e interessanti interviste, l’identità del popolo uruguaiano, tormentato e al contempo stanco di anni di povertà e di governi dittatoriali e militari, nonché la sua voglia di vivere liberamente.
L’occasione per scendere in strada con un microfono e una macchina da presa, arriva nel 1987 quando iniziano le prime manifestazioni popolari che chiedono al governo l’abrogazione dell’amnistia verso quei militari che, durante la dittatura, si macchiarono dei più svariati reati, fra cui la tortura e il rapimento di numerose persone. Proprio da queste ondate di proteste nasce la voglia della regista di mettersi in gioco e fungere da catalizzatore dei pensieri dei cittadini comuni. Evita volutamente i nomi di politici, scrittori, personaggi illustri e con curiosità viva attraversa le strade, le piazze, i mercati, alla ricerca di risposte per le sue numerose domande che seguono quella principale, quella con cui ogni intervista comincia: «Cos’è la pace per lei?» Pace era la parola contesa dagli schieramenti di destra e di sinistra, era ciò che la politica prometteva a quel popolo stanco, sia con il mantenimento della legge dell’impunità che con la sua abrogazione. In una centrifuga di propaganda elettorale, quasi tutti avevano il proprio concetto di pace e tutti la desideravano.

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“NUEVA ERA” DI MATTI HARJU

Notte. Camera fissa su un paesaggio post industriale con binari e luci a intermittenza. Fin dall’incipitNueva Era non è disposto a scendere a compromessi con lo spettatore, non introduce a una narrazione, anzi, non è interessato a farlo. Nei pressi di un bosco, due amici, uno dei quali è l’artista finlandese Matti Harju, fumano tabacco da rolling. Da qui le immagini, alternate a repentini stacchi e rallentamenti, si fanno flusso, difficilmente controllabile e vicino a certe opere di videoarte, spaziando da parcheggi di centri commerciali e vecchi depositi d’auto a interni di fredde camere e sale da bowling. C’è anche una enigmatica figura femminile il cui sguardo è spesso sfuggente, negato agli spettatori dal buio o dai lunghi e scuri capelli. Continua la lettura di “NUEVA ERA” DI MATTI HARJU

“ANGELO” BY MARKUS SCHLEINZER

Article by: Annagiulia Zoccarato

Translation by: Daniele Gianolio

“To accept your role in life or to rise up against it?” Angelo, the main character of Markus Schleinzer’s film competing in Torino 36, must answer this rhetorical question.

What is his role in life? Angelo was torn off from his family and land and was sold as a slave in Europe. A countess decided to buy him in order to turn the poor kid into some sort of living educational experiment. Therefore one might say that he was luckier than the average of his fellow slaves. But is it really so? The movie is set at the dawn of the 18th century, when the so-called “white man’s burden” sort of feeling was widely spread across Europe. According to it, the white, acting like a savior, would take upon himself the mission of bringing civilization to those savage and barbaric tribes and to those men who were considered as “godless, unaccustomed to hard work and born to be enslaved”. Angelo receives the upper-class upbringing, focused on music, arts and the Christian religion, and lives the well-fixed life of the nobility. However, he will never be regarded as equal by his own peers. Despite playing an important role at the Viennese court, for his entire life he will have to suffer because of the more or less subtle racism of those around him.

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“ANGELO” DI MARKUS SCHLEINZER

“Accettare il proprio ruolo nella vita o ribellarsi?” È questa la domanda retorica che viene posta ad Angelo, protagonista dell’omonimo film di Markus Schleinzer in concorso a Torino36.

Ma qual è il suo ruolo? Angelo è stato strappato alla sua famiglia e alla sua terra per essere venduto come schiavo in Europa. Forse meno sfortunato di altri (ma è poi davvero così?), Angelo è stato accolto da una contessa per diventare una sorta di esperimento educativo vivente. Sono gli albori del XVIII secolo e l’atteggiamento che in seguito sarà definito fardello dell’uomo bianco è già ampiamente diffuso. Ed ecco quindi che l’uomo bianco e salvatore fa propria la missione di portare la civilizzazione a popolazioni barbare e indigene, a quegli “uomini nati schiavi, senza voglia di lavorare e senza Dio.” Angelo crescerà educato all’arte, alla musica, alla religione cristiana; vivrà una vita agiata, ma non sarà mai accettato come pari. Avrà un importante ruolo alla corte viennese ma per tutta la vita sarà costretto a subire il razzismo, più o meno latente, di coloro con cui si confronterà.

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“53 WOJNY” BY EWA BUKOWSKA

Article by: Cristian Viteritti

Translation by: Cinzia Angelini

An explosion is a rapid and localized release of energy, mainly consisting in an exothermic decomposition of explosives, generally following an ignition; or in the sudden and fast expansion of a compressed gas. It is followed by significant effects due to the transformation into mechanical work of the energy released. If the explosion interacts with obstacles, the more the surface invested is and the closer it is to the centre of the explosion, the greater the energy exerted on themselves is. Which means that, if a bomb explodes close to a man’s body, it will be completely disintegrated.

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“53 WOJNY” DI EWA BUKOWSKA

Un’esplosione è una rapida e localizzata liberazione di energia, consistente per lo più nella decomposizione esotermica di esplosivi, generalmente in seguito ad accensione, o nell’improvvisa e rapida espansione di un gas compresso, accompagnata da considerevoli effetti dovuti alla trasformazione in lavoro meccanico dell’energia liberata. Se incontra ostacoli esercita su di essi una forza tanto maggiore quanto maggiore è la superficie investita e quanto più è vicina al centro dell’esplosione. Questo vuol dire che, se una bomba esplode vicino al corpo di un uomo, esso sarà completamente disintegrato.

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“MATHIEU AMALRIC, L’ART ET LA MATIÈRE” DI ANDRÉ S. LABARTHE E QUENTIN MÉVEL

Mettere a nudo la propria arte lasciandosi filmare durante un processo creativo: Mathieu Amalric, l’art et la matière è un film di André S. Labarthe e Quentin Mével che scruta proprio in ogni sua sfaccettatura l’attore e regista Mathieu Amalric, mostrando allo spettatore il suo modo di lavorare e di inventare sul set del film Barbara.

Come ha dichiarato nel dibattito in sala Quentin Mével, i due registi hanno microfonato il loro protagonista per l’intera durata delle riprese, lasciando che un ingegnere del suono provvedesse ad avvisarli quando avvertiva un momento interessante o un’illuminazione di Amarlic.

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“TYREL” BY SEBASTIÁN SILVA

Article by: Elisabetta Vannelli

Translation by: Laura Facciolo

Loneliness is an emotion that you can feel in an empty room as well as in a square full of people. It’s a reflection of the private feeling of inadequacy, a physical limit that it’s hard to overpass.

Sebastián Silva is a young Chilean director who is now committed in the United States. After presenting another film  called La nana (The Maid  2009), now he returns at the Torino Film Festival in the After Hours section with his film Tyrel (2018), which has been presented at the Sundance Film Festival in a world premiere. In the United States this film has been defined as “the new Get Out(Get Out, 2017, Jordan Peele). Tyler (Jason Mitchell) is an Afro-American boy who spends a weekend with a group of white guys, but he can’t fit in because he is black.

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“TYREL” DI SEBASTIÁN SILVA

La solitudine può emergere in una stanza vuota o in una piazza gremita di persone. È il riflesso di un’inadeguatezza interiore, un limite fisico difficilmente valicabile.

Sebastián Silva è un giovane regista cileno attualmente impegnato negli Stati Uniti. Già presente al Torino Film Festival, dove aveva presentato La nana (Affetti e dispetti 2009), Silva ritorna nella sezione After Hours con il film Tyrel (2018), proposto in anteprima mondiale al Sundance Film Festival e definito negli States “il nuovo Get Out” (Scappa-Get Out, 2017, Jordan Peele). Tyler (Jason Mitchell) è un ragazzo afroamericano che trascorre un week-end di baldoria insieme a un gruppo di “white guys”  ma che non riesce ad integrarsi per via della sua condizione di unico ragazzo di colore. Continua la lettura di “TYREL” DI SEBASTIÁN SILVA

“NOS BATAILLES” DI GUILLAUME SENEZ

Sono due le battaglie, intrecciate e parallele, evocate dal titolo di questa brillante opera seconda e raccontate con invidiabile maestria.

Guillaume Senez è volto noto al pubblico torinese per il suo film d’esordio Keeper, che nel 2015 ha conquistato la vittoria al Torino Film Festival. Il regista franco-belga concorre quest’anno nella sezione principale con Nos batailles, opera seconda che indaga le difficoltà di un uomo di fronte al crollo di ogni sicurezza.

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“NOS BATAILLES” BY GUILLAUME SENEZ

Article by: Gianmarco Perrone

Translation by: Gianmarco Caniglia

Two battles, running in parallel but intertwined, are evoked by the title of this brilliant feature and told with remarkable mastery.

Turin’s audience already knows Guillaume Senez for his debut film Keeper, winner of the Turin Film Festival in 2015. This year the French-Belgian director competes in the main section with Nos Batailles, that investigates the difficulties of a man facing the collapse of his every certainty.

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“DOVLATOV” DI ALEKSEY GERMAN JR.

Tra il biopic e l’invenzione, Dovlatov è la storia di un uomo che, nel suo vagabondare, intercetta storie di corpi e volti che gli sono incidentali – storie di resistenza (e non di dissidenza) contro il potere e i suoi dispositivi banali, in questo caso soprattutto editoriali. Perché Dovlatov, scrittore e giornalista nella Russia sovietica degli anni ’70, non riesce a farsi pubblicare, colpevole di inopportuna ironia e troppa fraintendibile sincerità. Accanto a lui le storie di quella gran folla di personaggi che popola gli spazi dell’ambiziosissima messa in scena che ricostruisce magnificamente un’epoca. Ed è questa galassia di volti russi e di corpi nomadi che costellano il tragitto esistenziale di Dovlatov, la forza viva del film.

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“LES GRANDS SQUELETTES” DI PHILIPPE RAMOS

Le domande universali che l’individuo si pone quotidianamente prendono vita in Les grands squelettes, un fotoromanzo eterodosso del regista transalpino Philippe Ramos. Già associato a punte di diamante della scena autoriale francese come Leos Carax e Yves Caumon, Ramos presenta la sua ultima creatura nella sezione Onde, la più sperimentale del festival. Continua la lettura di “LES GRANDS SQUELETTES” DI PHILIPPE RAMOS

“THE WHITE CROW” DI RALPH FIENNES

Un biopic sulla vita di Rudolf Nureyev,  il grande ballerino, è la terza opera alla regia di Ralph Fiennes, noto al pubblico per la sua carriera di attore (Harry Potter, Schindler’s List, Grand Budapest Hotel, per citare solo alcuni dei titoli più noti) e che nel proprio film decide di interpretare la parte del maestro di ballo all’Accademia di danza di San Pietroburgo (all’epoca Leningrado).

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Il blog delle studentesse e degli studenti del Dams/Cam di Torino