“The Assassin” di Hou Hsiao-Hsien

The Assassin è un film diretto dall’applaudito regista taiwanese Hou Hsiao-hsien, arrivato al Torino Film Festival nella sezione Festa mobile dopo aver trionfato all’ultimo Festival di Cannes vincendo il premio per la miglior regia.

Nella Cina del nono secolo una ragazzina di dieci anni, Nie Yinniang, viene sottratta ai genitori e cresciuta per diventare un’assassina/giustiziera, capace di garantire l’ordine e la giustizia. Viene accuratamente preparata, infatti, per combattere la corruzione e la crudeltà dilaganti fra le province dell’Impero.

Tredici anni dopo, in seguito al fallimento di una missione, le viene imposta dalla sua maestra di combattimento una punizione ancor più dura della rigida disciplina a cui ha dovuto sottostare. Nie Yinniang dovrà fare ritorno nella sua terra natale e uccidere l’uomo a cui era stata promessa in sposa e di cui è ancora innamorata.

The Assassin appartiene a pieno titolo al genere dei film di cappa e spada asiatici: il cosiddetto genere “wuxiapian”. Il regista, però, rivisita il genere e sviluppa un suo stile molto personale: qui, a differenza dei film di arti marziali mainstream, domina la lentezza ieratica nella messa in scena.

C’è anche un indicatore tecnico che distingue il film: il Prologo ha un aspect ratio di 1.37 : 1, scelta anomala oggigiorno. Visivamente efficace è l’inizio in un bianco e nero ben contrastato, poi assistiamo ad un trionfo di luci e colori. Ed ecco spiccare la dominanza del rosso in ogni inquadratura.

Il profilmico pare un tableau vivant in cui colori e messa in scena hanno il compito di sollecitare l’emotività dello spettatore. La prima parte del film è dominata da macchina fissa, mentre nella seconda parte la macchina da presa si muove con carrellate e movimenti di macchina molto vistosi. Lo sviluppo della narrazione, va detto, appare gregario rispetto alla forza visiva della messa in scena.

Il film è girato per la maggior parte in interni, e anche questo lo distingue dalla maggior parte dei wuxiapian. Gli spazi scenici sono quasi teatrali, ma arricchiti da coreografie accadimenti ritmati. la macchina da presa sembra un pennello calligrafico, le cui tracce arricchiscono di colori e di vigore espressivo le immagini.

Merita una menzione particolare il modo in cui sono inquadrati i volti dei personaggi, spesso sovrapposti a molli tendaggi o a rigogliosi arbusti. Nei vari combattimenti non si vede mai il sangue e la protagonista preferisce la meditazione all’azione.

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